E così Donald Trump sarà il prossimo Presidente degli Stati Uniti. Non ci credeva nessuno, nessun sondaggio credibile dava come realistica un’eventualità del genere – e questa elezione è anche uno schiaffo a mano aperta a chi si occupa di sondaggi e analisi, Nate Silver e 538 compreso – per quel che conta non ci credevamo neanche noi a Dailybest, era fantapolitica. E invece.
E invece è andata così, vince Donald Trump, candidato outsider del Partito Repubblicano contro Hillary Clinton del Partito Democratico. Alle 8.31 Associated Press ha confermato tutto: Trump sarà il 45° Presidente degli Stati Uniti, si insedierà a gennaio 2017.
BREAKING: Donald Trump is elected president of the United States. pic.twitter.com/yJpgfsAbc6
— The Associated Press (@AP) 9 novembre 2016
Sul perché e come mai Trump sia riuscito a vincere queste elezioni si verseranno fiumi di inchiostro, quel che conta è che comincia oggi l’era dell’odio. Dovendo mettere giù qualche ragione plausibile sul come mai un totale impresentabile – razzista, sessista, misogino, supportato con convinzione dal Ku Klux Klan… – abbia convinto gli elettori della più importante democrazia del pianeta a mandarlo alla Casa Bianca, c’è da togliersi un po’ della puzzetta sotto il naso che in Italia dovremmo aver lavato via da anni.
Eh sì, dovremmo avere ben altro nelle narici dopo un ventennio berlusconiano e dopo la nascita e i successi arrivati apparentemente dal nulla del Movimento 5 Stelle, ma ben radicati nell’insoddisfazione di una parte degli elettori. Due movimenti – Forza Italia e M5S – che sorpresero allo stesso tempo sondaggisti, editorialisti, ed elettori stessi.
Uno dei primi motivi alla base del successo di Trump è questo: chi è visto da un elettorato arrabbiato come collegato all’establishment, è morto, finito. Hillary Clinton era la moglie di un ex Presidente, aveva ricoperto ruoli di altissima responsabilità per anni nel governo USA, non arrivava dal nulla. È stata punita alle urne anche per questo. Punita perché troppo soft? Troppo moderata? Troppo lontana dal famigerato “Paese reale“? Anche.
Punita anche perché era donna? Forse, anzi, più che forse. Ma a un livello superiore è più questa frenesia demolitrice contro tutto che è diventata oggi davvero un trend dell’occidente da cui ci libereremo chissà quando, una frenesia demolitrice contro tutto quello che “c’era prima” a essere ancora più importante da notare, rispetto alla questione di genere.
Si potrebbe ribattere: ma come, gli americani erano pronti per votare un nero alla Casa Bianca, ma non una donna? Forse. Ma più probabilmente è anche una questione di tempi diversi, e quindi di elettori diversi, elettori che sono un magma fluido, non un solido tombino in ghisa. E l’elezione di Barack Obama arrivava dopo gli anni di George W. Bush, anni a dir poco da dimenticare.
È il voto di protesta, come lo chiamano i sondaggisti che ci prendono poco, a stelle e strisce. Un voto di protesta di un’America arrabbiata, lontana dalle metropoli, lontana dai salotti veri e dai salotti di Twitter, aggrappata a un passato che magari idealizza, o magari era davvero migliore. Per loro, quelli dell’America arrabbiata.
Se tutto questo vi ricorda qualcosa, per esempio i “Vaffanculo” di Beppe Grillo, se vi ricorda l’altrettanto imprevedibile frenesia demolitrice del referendum sulla Brexit nel Regno Unito, o anche solo le “nostre” piccole ultime elezioni comunali e i risultati a Roma e Torino, siete sulla strada giusta.
Il trend è uno solo in fondo, ovunque: cancellare tutto, cancellare chi “c’era prima“, perché “ha fallito“, perché “è kasta!11“, oppure perché “ruba“, perché “vogliamo vedere l’effetto che fa“, o anche per pura e semplice rivalsa contro “gli altri”, contro i radical-chic, contro i fighetti, contro il paese irreale da cui la rabbia sta ben lontano, per puro e semplice cupio dissolvi, anche, di certo.
Impressiona vedere tutto questo applicato agli Stati Uniti: visto che tutti avevamo un magnete di Barack Obama sul frigo, ma c’è proprio da farci i conti, con questo gigantesco, terrificante deal with it su scala planetaria.