Comincia oggi vacanze italiane: una rubrica con cui vogliamo raccontare i posti dove tutti noi siamo stati in vacanza fino ai 18 anni. È il nostro tema libero sull’estate, visto che ormai siamo in periodo di compiti per la vacanze! Se volete mandare la vostra vacanza italiana, scrivete a info@dailybest.it
I miei nonni ci avevano preso la seconda casa negli anni cinquanta. All’epoca Pietra Ligure, in provincia di Savona, in Liguria, era un paese tutto sommato piccolo e la grande invasione di milanesi, torinesi e lombardi e piemontesi in genere, con il loro sciame di seconde case doveva ancora partire, così come la speculazione edilizia. Gli abitanti censiti a Pietra Ligure nel 1951 erano poco più di 4mila, oggi – nel 2011, data dell’ultimo censimento – sono oltre il doppio.
La tempesta perfetta di firme, rogiti e consegne di chiavi negli anni sessanta doveva ancora manifestarsi, ma stava per farlo: una tempesta che ha sì arricchito tanti da quelle parti, ma ha anche deturpato irrimediabilmente un territorio che a Levante tutt’oggi – anche per la sua stessa conformazione: per fortuna c’era e c’è meno spazio per costruire – è molto meglio conservato.
Ma questi sono inutili rimpianti: dicevamo degli anni cinquanta e sessanta, quando il ceto medio delle metropoli italiane del boom prendeva la seconda casa andava verso la riviera di Ponente: mentre la media e alta borghesia andavano a sistemarsi a Levante, se non lo avevano già fatto nella generazione precedente – e i ricchissimi infatti l’avevano già fatto, anche svariati decenni prima. Una distinzione alla Bourdieu questa che ci porteremo dietro per sempre, visto che ancora oggi andrebbe fatto uno studio sul chi-va-dove-e-come-mai-in-Liguria uno studio che suggerisco come tesi di laurea a qualche giovane sociologo in ascolto.
Del resto anche Guido Nicheli – Dogui, lo stereotipo del cumenda milanese, canzonava Mario Brega così in Montecarlo Gran Casino, pellicola del 1987. “Ma voi dovete stare a Pietra Ligure!”
I relativamente poveri così avevano la seconda casa a Pietra Ligure, a Finale Ligure, a Borghetto Santo Spirito, a Ceriale – dove per le Colombiadi aprì a inizio anni novanta il grande parco acquatico Le Caravelle, che meriterebbe una dissertazione a parte – mentre i relativamente ricchi se ne stavano a Sestri Levante, a Camogli, alle Cinque Terre, a Santa Margherita – dove vanno tutt’ora – o certamente a Portofino, luoghi dove deve essere stato magnifico vivere un’estate anni ’60. Ma stiamo su Pietra Ligure. La mia Pietra Ligure.
Ci sono stato tutte le estati dagli 0 fino ai 18 anni compiuti, come migliaia e migliaia di altri me, poi ho cominciato a fare le vacanze da solo. Eravamo tutti figli di gente né ricca né povera, portati al mare per due, a volte anche tre mesi d’estate dai nonni, dagli zii in pensione, cui magari solo per qualche settimana d’agosto si aggiungevano i genitori.
Stessa spiaggia – i Bagni Gabbiano per quel che mi riguarda – e stesso mare, stessa fila di ombrelloni ogni luglio e ogni agosto per decenni. Stesse persone, tutte le estati, noi crescevamo: mentre loro diventavano sempre più anziani, rimpicciolivano, fisicamente proprio. Noi passavamo da bambini ad adolescenti – mica uomini – loro procedevano ad ampie falcate verso la terza età.
Ci sono molto affezionato a Pietra Ligure, malgrado qualcuno dica che è un posto per vecchi – e non lo è affatto – ci sono affezionato perché stato il posto dove ho conosciuto amici cui ho fatto da testimone di nozze, mi sono ubriacato le prime volte, dove ho scopato la prima volta a 15 anni, 16 da compiere un paio di mesi dopo, dove per il maggior numero di giorni consecutivi penso di essere stato felice, e non è mica poco.
Tutte queste cose non mi sono successe a Milano, dove vivo da 34 anni: mi sono successe a Pietra Ligure.
Se avete visto il film Stand by me – Ricordo di un’estate (1986) moltiplicatelo per tutte le mie estati dai 13 ai 18 anni, e avrete una parziale idea dello struggimento con cui ripenso a quel posto: sarà per i primi baci dati al cinema all’aperto – il leggendario Cinema King di viale della Repubblica – con Dracula di Bram Stoker (1992), oppure fare l’alba in spiaggia con un amico diabetico che ricordo si iniettava l’insulina da un astuccio elegantissimo, andare a prendere qualcuno in stazione l’anno stesso in cui avevi fatto la patente, andare in spiaggia la sera con la ragazza adatta.
Ancora oggi ci torno cinque o sei volte l’anno, ci torno tutte le volte che posso e riparto il lunedì mattina all’alba per andare diretto al lavoro pur di godermi il tramonto della domenica in riva al mare. Ma non ho più 16 anni, anzi, ne ho più del doppio e la differenza è tutta lì: nelle stagioni della vita.
Ma com’è Pietra Ligure oggi? È una località di villeggiatura cui non manca niente, sicuramente perfetta per chi vuole godersi la pensione, o svernare al riparo dal gelo, d’estate è sicuramente perfetta fino ai 18 anni – penso che tutt’ora sia una specie di Disneyland feromonica per gli adolescenti che hanno la fortuna di passarci l’estate – per tutti gli altri, diciamo la fascia d’età che va dai 19 ai 50 se manca spirito d’inventiva può essere forse un po’ limitata. Ma basta spostarsi di poco – verso Noli, verso Bergeggi, o magari anche solo Finalborgo che è splendida – per riscoprire altre meraviglie.
La casa, quella casa di Pietra Ligure, per me è un luogo sincronico importante: perché mi capitano cose come queste – ci vado un giorno a caso e trovo il giornale esattamente di quel giorno, ma quarant’anni prima – e certo, le coincidenze non esistono.
Ma Jung sì.