Come sarebbe andata la storia dell’arte senza il movimento dada? Chissà… probabilmente sarebbe stata molto più noiosa, perché il folle movimento artistico che ha compiuto un secolo proprio quest’anno, l’8 febbraio, e gli artisti che ne facevano parte – Hans Arp, Tristan Tzara, Hugo Ball, Marcel Duchamp, Man Ray e tantissimi altri – sono stati all’epoca davvero dirompenti, rivoluzionari, e il dadaismo è stato un grande “tana libera tutti” per la fantasia.
Sulla Treccani, a proposito del dadaismo si legge che “è la rottura di ogni schema razionale, di ogni rassicurante certezza, di valori stabili e costituiti, che formano la mentalità dei benpensanti e definiscono le aspettative del pubblico borghese. Coerentemente con questa forte carica anarchica e sovvertitrice, i dadaisti, più che elaborare un nuovo sistema di valori e quindi una nuova normativa estetica, si concentrano nella demolizione di ogni sistema possibile, e si ribellano in particolare contro il sistema dell’arte” ed è vero. E proprio per questo ai dadaisti dobbiamo dire grazie ancora oggi.
Se vogliamo conoscerli meglio di come li potremmo studiare sui libri però, potremmo anche scaricare gratuitamente i primi numeri della rivista Dada, ci sono tutti su Monoskop.de, e sono stati scansionati in alta, si leggono bene. A sfogliarli scoverete anche poesie e componimenti in italiano, per esempio nel primo numero c’è qualcosa di Francesco Meriano e Nicola Moscardelli – per i testi – mentre nelle illustrazioni troviamo opere di Enrico Prampolini, pittore futurista che fu in stretto contatto con i dada.
I numeri della rivista sono principalmente in francese, un po’ in tedesco, ma c’è anche qualcosa in italiano. Sfogliarli a quasi un secolo di distanza è interessante, perché ci fa vedere cosa significasse un movimento radicalmente nuovo e “disruptive” come quello dadaista, da cui avrebbe anche preso le mosse il surrealismo – nel breve periodo – e molto altro ancora nei decenni successivi: secondo Open Culture, addirittura buona parte di quel che oggi chiamiamo controcultura.
Forse l’ultima affermazione è un po’ troppo… ma i numeri della rivista Dada valgono di certo una sfogliata e sono un documento storico-artistico da non perdere.