Agli inizi degli anni ’90 due fratelli provenienti dalle case popolari di Manchester mettono su una band. Dopo qualche concerto in zona e un paio di brani che incontrano il favore degli amici e di pochi ascoltatori locali, vengono notati dal proprietario di un’etichetta durante una serata a Glasgow, in cui si ritrovano per caso e solo per accompagnare delle amiche. Poco più di tre anni dopo, si esibiscono davanti a 250.000 persone in delirio, mentre oltre 2 milioni e mezzo di inglesi restano fuori dal concerto dopo una disperata ricerca dei biglietti.
Sembrerebbe la storia di molte band che costellano la walk of fame del rock’n’roll, se non fosse che la coppia di fratelli di cui parliamo sono Liam e Noel Gallagher e la band sono gli Oasis. Proprio loro: i fratelli col più complicato rapporto di amore/odio della storia della musica, con la band dall’ascesa più vorticosa, breve e impressionante degli ultimi 30 anni di musica pop.
Di questa storia breve e intensa parla Supersonic, il documentario al cinema e dal 7 al 9 novembre, che prende il nome da uno dei primi singoli di successo degli Oasis, prodotto dagli stessi Gallagher. Visivamente il rockumentary deve moltissimo alla pellicola pioniera dei nuovi linguaggi del documentario musicale (mi riferisco a Joe Strummer – Il futuro non è scritto di Julian Temple) con l’uso di collage, foto animate, soluzioni quasi fumettistiche per rappresentare momenti di cui non esiste testimonianza su pellicola – siamo negli anni ’90, non c’erano gli smartphone a immortalare ogni momento della nostra vita, a livello di linguaggio non si può dire che i Gallagher, in comunione di intenti dopo molti anni di lotte e litigi, si siano risparmiati nell’autocelebrazione. Ciò che emerge con forza dalla visione del film e che i fratelli non hanno cercato di edulcorare in nessuna maniera, sono i loro caratteri spigolosi e spesso spocchiosi, con tutte le pretese, il menefreghismo, il vandalismo gratuito, una certa antipatia, l’uso di sostanze. Tutti aspetti che però hanno contribuito a costruirne il mito e soprattutto che fanno degli Oasis gli ultimi tra le vere rockstar. Senza nessuna paura di risultare reazionari, i Gallagher sostengono tuttora che in quella vita sregolata risieda il vero spirito del rock’n’roll, e come dargli torto: i numeri dell’epoca e le orde di fan tuttora attivi e mai davvero rassegnati alla sopraggiunta estraneità tra i due gli danno ragione.
Ma al di là dello stile di vita, ciò che più di altri aspetti incornicia lo status quo della band è la musica stessa: quel rock che sgomitando in una Manchester dominata dall’elettronica dell’Hacienda (e dalle droghe sintetiche) ha resistito poi al giudizio del tempo e che fa di brani come Supersonic, Champagne Supernova, Wonderwall e Dont’ look back in anger dei classici senza tempo. E questo è un altro argomento che i Gallagher sanno usare per riaffermare non solo il loro fascino, ma in generale il fascino della musica: oltre il calcio, la tormentata storia familiare, gli occhi azzurri, le stanze d’hotel distrutte, la musica è quello che conta e che è sempre stata al centro delle loro priorità.
I momenti in studio sono quelli che più di altri, all’interno del film, sanno spiegare l’intensità di quei brani che sono firmati da Noel, ma prendono vita nel momento in cui la voce poco regolare di Liam li anima. Da questo punto di vista gli interventi della madre dei due sono funzionali a rimarcare che in fondo questa è la storia di due fratelli che, dalle case popolari, si ritrovano con 87 milioni di dollari a testa nei conti in banca, facendo quello che amano fare e che gli riesce meglio: il più classico dei racconti sulle occasioni di riscatto che arrivano quando al talento si unisce una volontà che va oltre qualsiasi immaginazione.
Anche il pubblico ha un ruolo importante nell’incorniciare la storia degli Oasis, e a questo proposito il momento più ricco di pathos è quello in cui Liam racconta di come davanti a 250.000 persone adoranti, la sua unica reazione fosse quella di restare fermo immobile sul palco a fissarli, godendosi l’energia unica e quell’emozione che solo chi ha avuto una storia così può avere la fortuna di gustare. Dev’essere la sensazione più soddisfacente del mondo.
I Gallagher non sono preoccupati di mostrare il peggio di sé, perché il lascito della loro musica è destinato a perdurare e per questo Supersonic è un film importante non solo per i fan degli Oasis, ma anche per gli amanti della musica e per quelli che credono ancora nelle emozioni che può regalarti un brano bellissimo o di una storia che valga la pena raccontare. Non a caso l’intera sala alla fine della visione si è sciolta in un sincero e commosso applauso: per due ore il vero spirito del rock’n’roll ha aleggiato sulle nostre teste, nutrendoci di quella voglia di sentimenti vissuti al massimo che solo una grande storia come l’epopea degli Oasis e di poche altre band al mondo può infondere.