Finalmente ci siamo, è appena terminato il primo ed ultimo concerto dei Radiohead a supporto del loro nuovo disco Down By The Water. E non poteva che essere un concerto particolare il loro: come ormai saprete Thom Yorke e soci hanno fatto squadra col team della Boiler Room ─ progetto che dal 2010 trasmette in streaming video dj e live set ─ per organizzare il primo evento basato sulla tecnologia Oculus Rift. I fortunati partecipanti a questa inedita Boiler Room erano infatti dotati di occhialoni giganti capaci di catapultarli in un mondo futuro, completamente dilaniato e danneggiato dai cambiamenti climatici causati dalle emissioni di gas serra. In uno scenario siffatto concentrarsi sulla musica è difficile, ma, d’altronde, l’idea dei Radiohead è proprio che quest’unico concerto sia da concepirsi più come completamento del concept del disco che come semplice corollario di una performance dal vivo.
L’idea per l’esibizione è nata in Yorke dopo aver letto della notizia riguardante la Digital Arts Leadership and Innovation lab (DALI) di Dartmouth che ormai qualche tempo fa aveva deciso di utilizzare Oculus Rift durante le missioni spaziali per dare la possibilità agli astronauti di vivere virtualmente una serie di viaggi sulla terra. 2 + 2 ha finalmente fatto 4 quando ─ grazie ad uno scambio di messaggi su Twitter ─ è venuto fuori che anche alla Boiler Room stavano pensando a delle modalità per integrare questo tipo di fruizione del proprio servizio (dopo la collaborazione con GoPro). Come quindi gli astronauti possono realizzare viaggi chilometrici restando fermi, così i vari partecipanti sono potuti andare all’esplorazione del pianeta Terra accompagnati dalle cupe note di Down By The Water.
Il disco non sarà in streaming su nessuna piattaforma, lo si potrà avere invece su supporto fisico solo attraverso l’acquisto di una rivista realizzata in Realtà Aumentata. Il funzionamento in breve: ad ogni brano è associata una pagina sulla quale Stanley Donwood ─ amico di vecchia data e autore di tutte le copertine dei dischi della band ─ ha riversato la sua vena creativa, provando ad esprimere in immagini le sensazioni ricevute dall’ascolto. Passando la fotocamera del proprio smartphone sull’immagine ─ previo download dell’app dei Radiohead, PolyFauna ─ comparirà un player dal quale è possibile ascoltare il brano in questione.
Ma com’è quindi questo disco? Tornare in studio dopo tutto questo tempo significa un po’ rifare tutto da zero. Queste le dichiarazioni che hanno accompagnato la fase finale della gestazione di un lavoro che in effetti porta la firma dei Radiohead, ma che in realtà li vede solo come finalizzatori di una più complessa macchina organizzativa. Un modo da parte del gruppo di spostare i riflettori dalla ingombrante figura di frontman e soci a quella di chi c’è dietro, da Stanley Donwood appunto ─ ormai parte integrante del gruppo e non è certo una novità ─ ai produttori. Zomby, Lee Gamble, Arca e l’italiano Lorenzo Senni ─ il primo ingombrante presenza su Twitter superata in grandezza solo dal suo talento, il secondo vecchia passione di Yorke già da TKOL, mentre gli ultimi due hanno fatto innamorare rispettivamente Bjork e Kanye West e mezza critica mondiale. A loro è stato affidato il compito di tessere delle strutture in cui il tema prescelto, l’acqua, possa essere declinato in maniera originale. Quella originalità che aveva preso un po’ polvere, ma che ora sembra essere tornata più accentuata che mai. I 4 artisti hanno infatti potuto rimaneggiare quattro brani che i fan hanno già avuto modo di ascoltare live ─ parlo di Ful Stop, Identikit, Cut a Hole e Lift ─ e di farli risplendere nuovamente con guizzi inusuali, freschi.
Radiohead più come esecutori che come ideatori quindi di un disco che sembra essere più un passaggio di testimone a figure che meritano un po’ della luce che solitamente viene concessa solo alle rockstar in primo piano. A completare il lavoro ci sono i remix di Holly Herndon, Evian Christ a cui per ultimo si è aggiunto Powell ─ boss dell’etichetta Diagonal Records. Ed anche qui troviamo delle differenze rispetto al recente passato: finalmente i lavori non sembrano corpi estranei, realizzati giusto per essere realizzati, ma lavori che idealmente proseguono uno sviluppo creativo ben delineato.
Una sorta di staffetta virtuale volta a concepire un disco che è in divenire, che fluisce come l’acqua, passando da un artista all’altro. Piccola curiosità ─ soprattutto per il pubblico italiano ─ Thom Yorke ha conosciuto Powell in seguito alla querelle con Steve Albini, ma la collaborazione è stata ultimata proprio a Torino dove i due si sono incontrati per l’edizione numero 15 del Club To Club Festival.
I maligni sono già lì, pronti ad evidenziare come forse l’essersi affidati in maniera così pesante a mani esterne evidenzi più candidamente una mancanza di idee o la scarsa capacità di metterle insieme. Resta, a conti fatti, comunque un atto coraggioso quello dei Radiohead, sette tracce totali che potranno essere forse una delusione per chi si aspettava un classico disco dalla band che in realtà fa proprio ciò che le riesce meglio: sparigliare le carte in tavola.