Blanco – Blu Celeste
Se posso vantarmi, mi fregio di essere stato il primo ad intervistare Blanco. Non era ancora nessuno, non era ancora esploso in un featuring con Sfera Ebbasta, eppure avevo la netta sensazione di avere tra le mani le registrazioni della prossima “big thing” della scena italiana. L’intervista la potete leggere QUI, francamente, ora che è uscito l’album, non è che le mie idee si discostino poi molto. Anzi, Blu Celeste ha ulteriormente confermato le mie prime impressioni. La copertina con il giovane artista immerso nell’acqua ha un vago sentore di Smell like teen spirit, in effetti, la carica nichilista che ne deriva è del tutto simile (se proporzionata ai tempi), è la naturale rabbia di un poco più che adolescente al suo primo lavoro ufficiale. Blanco canta il suo disagio senza vergognarsi, raccontandosi nelle proprie canzoni con la massima sincerità, con una visceralità che spesso lo porta a sbraitare, ma spazza via le ipocrisie che dominano l’appariscente mondo della trap. Blanco ha la faccia cattiva e il cuore buono, è il Jean-Paul Belmondo del rap attuale, un ribelle dolce con uno stile tutto suo. Forse non il più bello, ma a noi sicuramente piace.
Marco Beltramelli
Artisti Vari – Italians Do It Better
Beh diciamo che non vogliamo svegliarci dall’estate 2021, quella del trionfo Azzurro agli Europei di calcio e della pioggia di medaglie alle Olimpiadi a Tokyo. In tal senso questo Italians Do It Better è la raccolta giusta per perpetrare la magia. Prendendo spunto dall’iconica frase di esordio di Madonna nel lontano 1986, Johnny Jewel costruisce una squadra di baldi artisti e altrettanti gruppi che ci fanno sculettare e ballare come se fosse ancora il 1986. Ma, attenzione, non stiamo trattando un disco vintage o revival attenzione, IDIB è la prosecuzione ideale e moderna di quella che, a conti fatti, è ormai musica tradizionale. Provate voi a stare fermi su Into the Groove di Orion!
Mattia Nesto
Low – HEY WHAT
Sono passati 27 anni dalla pubblicazione di I Could Live in Hope, primo folgorante album dei Low. Si può dire che di acqua ne sia passata sotto i ponti, perché il gruppo capitanato dai coniugi Alan Sparhawk e Mimi Parker ha subito le sue metamorfosi, abbandonando molto presto il post rock per abbracciare un pop difficile da digerire, lento e concreto nei suoni. Dopo aver compreso di aver scritto un vero capolavoro (Double Negative) i due si son rimessi all’opera, continuando a vangare le ultime sonorità, il rumore su cui vengono cantate melodie angeliche. Anche HEY WHAT è un disco impressionante, che lavora l’ascoltatore col coltello. S’apre e si chiude con due tracce da togliere il fiato, si sviluppa nel profondo dell’anima, con un momentaneo risveglio in Days Like These. 42 minuti che si dilatano e vengono percepiti come ore, forse quelle che ci vogliono per assorbire ogni momento, ogni parola di una band che col suo minimalismo ci ha sempre mandato in malora il cervello e il cuore.
Gabriele Vollaro