The Linda Lindas – Racist, Sexist Boy
Ok stiamo parlando di un singolo ma, per una volta, concedetecelo. Già perché Racist, Sexist Boy non è soltanto un pezzaccio che ha collezionato, in meno di una settimana, qualcosa come quattro milioni di rewtweet e altri numeri da record, ma anche un vero e proprio manifesto programmatico realizzato da una band il cui membro più giovane ha, più o meno, dieci anni. Ora diteci cosa c’è di più punk-rock di due minuti e mezzo di grinta e gioia musicale allo stato puro, di consapevolezza e incoscienza nei propri mezzi, di voglia di esprimere le proprie idee realizzato da un gruppo di quattro ragazzine che hanno composto una canzone per via di un “nostro compagno di classe particolarmente ignorante, sessista e razzista”. Ecco, quando c’è da combattere il patriarcato e il maschilismo tossico a suon di punk-rock noi siamo sempre in prima linea. Ah, se ve le siete perse, The Linda Lindas hanno già fatto un super cameo su Netflix, per altro reinterpretando una canzone non a caso.
Mattia Nesto
Mdou Moctar – Afrique Victime
Il ritorno di un virtuoso della chitarra può essere quasi sempre motivo di gioia. Ma quando quel virtuoso si chiama Mdou Moctar c’è poco da fare, si deve applaudire. Il nuovo splendido disco del chitarrista tuareg prosegue il mescolamento tra musica tradizionale e blues elettrico. Nasce sempre tutto da improvvisazioni, moduli reiterati senza essere scritti. Unico flusso incontrollabile dal sound arido e sabbioso, Afrique Victime è un treno ipnotico e ciclico di quaranta minuti in cui si finisce dispersi come nel deserto. Alla fine la lingua tamashek lascia il posto al francese, in modo che tutti possano capire che il canto è una denuncia alle violenze efferate del colonialismo.
Gabriele Vollaro
Olivia Rodrigo – SOUR
Olivia Rodrigo ha diciotto anni. Ripetiamolo bene insieme. La ragazza che ha scritto un piccolo capolavoretto pop come Drivers licence (una delle canzoni più ascoltate del 2021) è nata nel sud della California da meno di un quinto di secolo, e fa strano perché dietro quegli accordi sempliciotti non s’intravede soltanto la posa di chi vuol fare la star ma anche il futuro radioso del pop americano. Il primo disco di Olivia, SOUR, non è un lavoro che fa strappare i capelli, e la giovanissima cantautrice si prende il tempo per stare – anche troppo – a “worshippare” i suoi idoli, una su tutti Taylor Swift. C’è tanta chitarra acustica, tanti bei cori e tanta derivazione anche comoda, ma i guizzi dirompenti di Brutal e Jealousy, jealousy fanno già intravedere nuove sfumature che speriamo siano percorse in futuro.
Marco Beltramelli