Visto che ce l’abbiamo fatta a dare un senso al testo più inquietante della storia del Festival di Sanremo, quello del pezzo di Alessio Bernabei, è giunto il momento di mettere sotto la lente d’ingrandimento del buon gusto (il famoso Fred di Una rotonda sul mare), uno dei pezzi più atipici della kermesse canora: Occidentali’s Karma di Francesco Gabbani, partendo dalla domanda che tutti quanti si fanno quando si parla di lui: chi è Gabbani?
Facile, un cantante carrarese neanche troppo giovane (dell’82) che ha vinto le nuove proposte di Sanremo 2016 con la canzone Amen e che ci riprova con il suo spin off anche quest’anno. Se già il pezzo precedente tirava in ballo sia gli inni del comunismo italiano tipo Avanti popolo, sia gli Amen della Chiesa romana, questa volta si invola in supercazzole tipo asceta orientale, mascherate da critica sociale sulla vita di noi poveri stronzi che viviamo nel mondo occidentale, di cui peraltro ci risulta Carrara faccia ancora parte.
Dal sacchetto con le paroline, ne prende a casaccio un bel po’ e va a comporre frasi buttate lì, ispirato dal senso dei testi mistici di Franco Battiato o filosofici di Manlio Sgalambro, con cui Gabbani non ha, purtroppo, da spartire alcunché.
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Essere o dover essere, il dubbio amletico, contemporaneo come l’uomo del neolitico. Nella tua gabbia 2×3 mettiti comodo. Intellettuali nei caffè, internettologi. Soci onorari al gruppo dei selfisti anonimi. L’intelligenza è démodé, risposte facili, dilemmi inutili.
Fa figo dire che gli intellettuali sono solo una manica di buoni a nulla che se la tirano e Gabbani inserisce subito la marcia del populismo, con cui va oltre e fa una bella macedonia di ego, internet e distopia, vincendo subito il premio Allora sei mejo te.
AAA cercasi (cerca sì). Storie dal gran finale. Sperasi (spera sì). Comunque vada panta rei and singing in the rain. Torniamo a dire che non basta mettere in una canzone Goodbye Ruby Tuesday, c’mom baby let’s twist again per diventare Battiato se poi non dici un cazzo.
Lezioni di Nirvana, c’è il Buddha in fila indiana. Per tutti un’ora d’aria, di gloria. La folla grida un mantra, l’evoluzione inciampa, la scimmia nuda balla, Occidentali’s Karma. Non è difficile cogliere l’inconsistenza di qualche frase strana buttata lì ad uso e consumo di quelli che fanno yoga. In realtà più lo sezioni, più questo testo è degno di Vamos a la playa o o o o o dei Righeira.
Piovono gocce di Chanel, su corpi asettici. Mettiti in salvo dall’odore dei tuoi simili. Tutti tuttologi col web, coca dei popoli, oppio dei poveri. Gabbani, qui andiamo a litigare però. Che ti hanno fatto sul web, un generatore di frasi a caso di Gabbani e ci sei rimasto male? La retorica del computer cattivo e del correre all’aria aperta buono ha francamente rotto gli zebedei, tanto più che ci risulta tu sia piuttosto attivo sui profili Facebook, Twitter e Instagram.
Il testo poi prosegue cantando seimila volte il ritornello sulla scimmia che balla nuda etc. finché non ti entra in testa e ti fa suicidare con un trapano con la punta del 12 sulle tempie. Conclusione: non siete voi che non c’avete capito niente, è proprio quello che sembra e ci fa supporre una cosa: che visto il successo radiofonico con le frasi a effetto di Amen, per par condicio Gabbani potrebbe aver tirato fuori un pezzo identico con Budda al posto di Dio. Attendiamo il pezzo con Allah nel 2018, così ci porta l’Isis in casa e non se ne parla più.
Edit: il testo del pezzo di Gabbani, tra l’altro, sembra una versione per analfabeti funzionali di quello di Protobodhisattva de I Cani, tratto dall’ultimo album della one man band romana, Aurora. Ascoltare per credere.
In questi giorni un post di Selvaggia Lucarelli su Facebook svela un arcano: probabilmente l’idea della scimmia che balla sul palco, Gabbani l’ha avuta grazie al video di Lorenzo Palmieri, col quale il cantante era in contatto, oltre che dall’ispirazione data da La scimmia nuda di Morris. Ma questa è un’altra storia.