Che il Club to Club sia uno degli eventi musicali, se non culturali tout court, più importanti e rilevanti d’Italia è ormai un dato di fatto, comprovato da edizioni sempre di maggior successo e di maggior spessore, anche e soprattutto per la partecipazione di ospiti ed artisti internazionali di livello via via crescente. Quando, come è capitato quest’anno al Lingotto di Torino, nella tua line-up puoi annoverare, giusto per fare un po’ di nomi in ordine sparso, gente del calibro di Aphex Twin (con un set e dei visual che troveremo nei libri di storia, dell’Arte e non, nei prossimi anni), Peggy Gou (che ha reso sexy e incantevole perfino la maglia della Juventus con il numero 3 di Giorgio Chiellini) Blood Orange e Beach House, è chiaro ed evidente che hai fatto il botto.
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Ma la cosa che ci ha veramente interessato nell’edizione di quest’anno, impreziosita tra l’altro da un Symphosium, ovvero un ciclo di incontri, showcase, presentazioni di libri e dibattiti vari mai così ricco, è stato osservare le varie tipologie umane che hanno affollato il festival torinese, così variegate ed interessanti che non potevamo non scriverci un pezzo.
I tizi total-black
Il nero è, lo sappiamo bene, una specie di divisa ufficiale per tutti gli appassionati della club-culture e mai come al C2C è stato un proliferare di vestiti, outfit e accessori di questo colore. Anche lo stesso slogan del festival, “La luce al buio”, riecheggiando un antico e indimenticabile motto di Goethe, faceva ben capire come il nero fosse il colore dominante della manifestazione (inframmezzato, qua e là, come nella già citata camiseta di Peggy Gou, dal bianco). Il colpo d’occhio della macchia scura che si muoveva, senza fare troppe differenze, dal main stage alla fila, sempre ordinatissima, per i bagni fuori dal Lingotto era impressionante. Anche e soprattutto sotto l’acqua che, inclemente, è stata un’altra grande protagonista di questo C2C.
Le tipe pettinate
Perfettamente a loro agio negli eleganti ambienti dell’Absolut Symposium (vero e proprio headquarter in pectore del C2C), meno nell’architettura post-industriale degli enormi capannoni del Lingotto, queste ragazze si sono segnalate per una ricercatezza, sciccheria e incredibile varietà nelle scelte cromatiche che aveva poco da invidiare con una settimana della moda milanese qualsiasi. Quando, magari cercando un posto per prendere una boccata d’aria dall’elettronica che fumigava intorno, le si incrociava un piccolo tuffo al cuore lo si provava: per fortuna una tuta della Diadora datata 1996 metteva tutto nella giusta distanza.
I tipi pettinati
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Contraltare più muscolare della categoria di cui sopra, questi ragazzi hanno dato il meglio di loro nella scelta di enormi cappottoni che sembravano usciti da un qualche fumetto dal Batman simil-anni ’40 di Tim Burton. Essendo tutti vestiti extra-large e in possesso di fisici poderosi e toraci torniti, oltre che da avambracci degni di un personaggio di Peaky Blinders, l’effetto “Federico Bernardeschi che va al C2C” era sempre dietro l’angolo. E non è detto che ciò sia stato un male
Gli acetati
L’abbiamo evocati anche prima. Solitamente i più simpatici e scaltri nel fregare le spillette, gli acetati incuranti della pioggia, delle tipe pettinate o dei loro “colleghi” muscolosi, questi ragazzi si muovevano perfettamente nel Lingotto, passando senza colpo ferire da ordinare una birra chimica nel negozietto fuori dai tornelli a ingaggiare una lotta, sempre vincente, con il delizioso panino-gourmet dello stand di Eataly del parcheggio. Li potevi trovare sempre sotto cassa a seguire ogni mossa del dj di turno, con gli occhi fiammeggianti e le loro tute catarifrangenti. Eroi moderni.
I gabber eleganza
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Vero e proprio esempio tra le precedenti categorie (e per questo molto rari), questi tizi, indifferenti maschi o femmine, li si riconoscevano perché ad un’attitudine diremmo metropolitana e street aggiungevano anche un’eleganza nell’outfit e una sapienza nei movimenti da passerella più che festival d’elettronica. Sempre bellissimi e imperturbabili anche alle nove del mattino, in after totali, non avevano un capello fuori posto mentre attendevano una bomba alla crema calda nella pasticceria più vicina.
Gli assaggiatori
Colpa degli ottimi baristi del C2C, in moltissimi hanno potuto apprezzare i cocktail preparati al C2C. Quasi sempre riuscite “fusioni a caldo” a base di vodka, gli assaggiatori si sono pasciuti di queste trovate artistiche. Unica controindicazioni è stata quella di aver ascoltato pochissima musica ma in compenso, il tardo mattino/inizio pomeriggio dopo, avere un cerchio alla testa delle dimensioni di un anello di Saturno.
Gli artisti (o presunti tali)
Facilmente individuabili a chilometri di distanza, gli artisti (presunti tali) sono sempre un passo avanti a te. Sei in fissa totale per il concerto di Aphex Twin che di lì a dieci minuti dovrebbe iniziare il suo set? Loro ti dicono che l’hanno visto già – inserire nome di città a caso, meglio se Nord Europea – e che ormai non è più quello di un tempo. Sei curioso di scoprire se i Vessel anche alle cinque del mattino manterranno le loro promesse di groove anche alle cinque del mattino? Gli artisti (o presenti tali) sono già lì a dirti che nessuno, in un orario del genere, può dare il suo meglio. Nonostante questa protervie di giudizi, non li si vede mai a concerti ma sempre a broccolare una tipa di turno che ti guarda con aria sconsolata mentre l’artista (o presunti tale) gli racconta del suo incredibile dj-set al porto di Civitavecchia.
I giornalisti
Sempre sudati, con giacche dell’anno scorso (strette in vita), i giornalisti sono una specie protetta al C2C. Dice la leggenda che uno si sia fatto, senza passare dal via, prima Lucca e poi il C2C: il suo spirito errabondo, dopo aver fissato negli occhi per più di dieci secondi netti Peggy Gou, è ancora lì che aleggia al Palco Red Bull.
I reduci del ’15-‘18
Solitamente olandesi o tedeschi hanno un’attitudine strana: o sono iper-positivi, della serie che sono completamente fradici e zuppi di pioggia ma, felici, ballano sul duro asfalto del parcheggio del Lingotto o iper-negativi, sbraitando che neppure in una commedia dell’arte per un ritardo di cinque minuti- cinque nella fila per la consegna dei pass-foto. Dal loro volto, segnato dalle rughe di mille concerti in giro per l’Europa e il mondo, emana una stanchezza mista a saggezza che li rende immediatamente o dei guru assoluti oppure dei vecchiardi da abbattere a colpi di ketchup del paninaro a fianco.