Non pensate alla solita zombie-story. Già perché, come si può leggere nella bellissima postfazione, la storia del nuovo fumetto di Benjamin Percy e Ramon Rosanas pubblicato da Astra – Star Comics, ha avuto un’importante premessa teorica: “Mi approccio spesso ai progetti con un obiettivo stilistico. In questo caso volevo che la forma seguisse la funzione: il mondo è in pezzi e così dev’essere l’opera. Spostandovi di storia in storia potrete unire le tessere e formare un mosaico unico, una prospettiva nuova rispetto a ciò che significa essere umano in un mondo post-umano”. Come avrete già capito, non si può partire che da qui per parlare di Year Zero, una delle uscite più interessanti che potrete trovare in fumetteria nell’ultimo periodo.
Year Zero infatti presenta cinque protagonisti distinti che tentano di sopravvivere in un mondo che ormai ha progressivamente perso ogni briciolo di umanità. Le esistenze di un sicario giapponese, di una ricercatrice al polo, di un sopravvissuto del Mid-West americano, di una mediatrice afghana e di un ragazzino messicano finiranno per intrecciarsi nell’unica cosa che ormai ha senso davanti a un morbo misterioso che rende la popolazione non-umana: la sopravvivenza.
Se i temi e l’ambientazione sono ormai molto famigliari al grande pubblico, Year Zero trova la sua originalità e il suo senso più profondo nella sceneggiatura di Percy che sfrutta al massimo le potenzialità del medium fumetto. Al contrario di tanto (troppo) cinema hollywoodiano che, anche per una questione di costi, si concentra sempre più su “quella casa, quel laboratorio, quella base militare”, qui la narrazione è per forza di cose polifonica.Per dare un senso di globalità alla storia di una pandemia, l’autore decide di moltiplicare per cinque i protagonisti andando a “coglierli” nei cinque angoli del pianeta, ne viene così fuori una narrazzione volutamente spezzettata, ma anche stimolante.
Grazie alle campiture di colore di Loughridge e ai disegni super espressivi di Rosanas occorrono pochissime vignette per capire se siamo in Medio Oriente oppure nel bel mezzo della provincia americana, il dramma è unico, ma il modo di affrontarlo è diverso, come diversi appunto sono i protagonisti. Nelle file della narrativa si inseriscono topic di stringente attualità: la questione femminile, incarnata dall’interprete afghana che capeggia un gruppo di donne reduci da orribili sofferenze, l’hikikomori americano incapace di intessere rapporti sociali e che vive nella paranoia di una pandemia globale finchè il suo incubo non si concretizza. Year Zero è chiaramente un’opera di fiction, ma non teme di confrontarsi con temi reali.
Al momento abbiamo letto solo il primo volume, quindi possiamo farci un’idea solo sommaria dell’opera. Tra le migliori trovate segnalo gli intarsi “storici” che raccontano come l’epidemia zombie, il morbo protagonista di Year Zero, non sia qualcosa di nuovo per l’umanità ma una piaga che nel corso dei secoli ha fatto più volte capolino sulla Terra. Tra le pagine appaiono veri e propri inserti “miniati” che riproducono manoscritti medievali reinterpretando, per esempio, la “Peste Nera” del Trecento in chiave morti viventi!
Sappiamo tutti che periodo stiamo vivendo, e se l’arte ha un merito, è proprio la sua capacità di remixare il reale per farcelo capire meglio e, perché no, fornirci la possibilità di affrontarlo con minore paura. Per questo vi consiglio la lettura di Year Zero: in fondo, rispetto a un povero ragazzo che si trova a dover scappare in una Città del Messico completamente invasa da zombie, noi, anche se è il 2021, siamo parecchio fortunati no?
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