Quando ho saputo che J-Pop avrebbe portato in Italia Tokyo Revengers di Ken Wakui sono stato travolto da un’ondata di entusiasmo. Sapevo che questo manga in Giappone aveva riscosso un successo clamoroso e, sin dai tempi di Shonan Junai Gumi – La banda dell’amore puro di Shonan, le storie di bande e teppisti in salsa nipponica mi sono sempre piaciute un botto. Dopo aver letto i primi due volumi contenuti nello speciale cofanetto di J-Pop -arricchito per altro da una cartolina oleografica super figa- non vediamo l’ora di poter continuare a leggere la storia.
Tokyo Revengers è una storia di formazione e redenzione. Takemichi, il protagonista del manga, viene colto nelle prime pagine della storia mentre, stravaccato sul futon del suo squallido appartamento, sussulta sentendo che tra le vittime di un micidiale attacco terroristico capitato in centro a Tokyo vi sia anche Hinata Tachibana, sua ragazza delle medie ed unico grande amore. La vita di Takemichi trascorre tra un lavoretto saltuario e l’altro, troppo immaturo e svogliato per fare qualcosa di rilevante nella vita, finchè un giorno, mentre si trovava sulla banchina della metro a rimuginare sull’inutilità della propria vita come decine di altre volte, improvvisamente viene travolto dal treno. Pare essere la fine di tutto per il nostro protagonista, e invece è l’inizio.
Attraverso un meccanismo che andremo a conoscere meglio nel prosieguo della serie, ora Takemichi è in grado di viaggiare indietro nel tempo, decide quindi di tornare all’epoca nella quale era uno studente delle medie rissoso e collerico costretto a lasciare la propria ragazza a causa dell’adesione forzata alla Tokyo Manji Gang, la banda responsabile dell’attacco terroristico in centro. Takemichi, investito da questo insolito potere, tenterà di modificare gli equilibri all’interno dell’organizzazione per cambiare il corso degli eventi e salvare la vita di Hinata e Naoto, il suo fratellino, che ritroveremo negli adulti panni di investigatore nel tempo presente.
Alivello puramente estetico, abbiamo adorato i profondi neri delle divise dei motociclisti e la cura immensa mostrata per le diverse acconciature dei protagonisti. Con uno stile che fonde la decisione del segno con la precisione per la descrizione dei particolari, Ken Wakui è stata in grado di conquistare praticamente tutto il Giappone. Tokyo Revengers, dal 2017 a oggi, continua a vendere milioni di copie ottenendo un crescente consenso di critica e pubblico, e, di recente, è stata anche confermata la trasposizione della serie a fumetti in anime.
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Stante i primi due volumi, abbiamo apprezzato notevolmente anche le situazioni sempre differenti messe di fronte al protagonista e la voglia di scardinare gli stilemi classici dello shonen battle. Senza darvi troppe anticipazioni, vi basti sapere che non si replicherà il meccanismo dell’ “affronto il minion del boss per approdare a una battaglia più dura fino a vedermela col nemico finale“. Gli scontri di Tokyo Revengers non sono solo fisici, ma anche e soprattutto psicologici. I nostri giudizi non saranno ancora completi, basandosi appunto su una porzione molto ristretta dell’opera, ma l’inizio è stato clamoroso. Inutile dirvi che se fossimo in voi non ci perderemmo i primi due numeri della serie cult di Weekly Shonen Magazine.
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