Non ho mai amato troppo la definizione romanzo grafico, traduzione letterale del graphic novel inglese, preferendogli la più classica fumetto. iIn questo caso però è veramente calzante, perché quello di cui vi parliamo è un romanzo da vedere. Tobiko è l’opera prima di Maurizia Rubino, illustratrice milanese che per la prima volta ha creato una trama, sulla quale far interagire i suoi personaggi fanciulleschi e a tratti psichedelici.
Non si pensi però, guardando i disegni, che la storia sia una roba per bambini perché non è così. Il mondo in cui la piccola Tobiko conosce Pop, un orsetto, è crudele, spietato, e le due tribù dei corvi e degli orsi sono in perenne guerra tra loro. Tra i due nasce un amore a prima vista impossibile, pieno di timori e di fragilità. Tutto questo in mezzo a robot, sogni infranti, epiche e mortali battaglie.
Tobiko è edito da Bao Publishing e ci è piaciuto molto. Per conoscere meglio la sua autrice, l’abbiamo intervistata.
Com’è stato passare dalla grafica e dalle storie brevi a un graphic novel tutto tuo?
Non semplicissimo ammetto, sviluppare un soggetto e lavorare a uno storyboard sono state esperienze nuove per me. Ho lasciato che la storia prendesse forma un po’ alla volta, forse più pensando ai fotogrammi di un’animazione che al linguaggio del fumetto. Avevo in mente i passaggi più importanti e soprattuto sapevo quale doveva essere l’impatto e come volevo comunicare. Poi ho unito i puntini e quando ogni scena si è incastrata con la seguente sono riuscita ad avere una visione d’insieme ed è stato davvero emozionante. Con i disegni è andata diversamente, ho lavorato con più serenità. Mi sono divertita tanto. Solitamente per l’illustrazione uso una tecnica molto differente, solo campiture di colore senza il tratto, su Tobiko mi sono concessa la libertà di disegnare come preferisco, svincolata da commissioni e senza l’obbligo di seguire le regole che l’editoria per l’infanzia richiede.
Quanto tempo hai impiegato a finire Tobiko?
Per la fase progettuale mi è servito più tempo, per i disegni ho impiegato circa 6 mesi. Ho lavorato in digitale inchiostrando direttamente sullo storyboard, senza passare dalle matite, per mantenere la freschezza del tratto e la libertà del gesto. Ho portato avanti la colorazione contemporaneamente alla definizione dei disegni perché avevo bisogno di fermare delle atmosfere in alcuni passaggi e avere un riscontro immediato della funzionalità di queste in relazione alla storia.
Come sei entrata in contatto con Bao?
Dopo più di 10 anni di editoria per l’infanzia avevo voglia di fermarmi e dedicarmi a qualcosa di nuovo. Non ho mai smesso di sperimentare, ma era giunto il momento di farlo seriamente, per cui ho tolto un po’ di tempo a quella che ormai era una professione avviata e l’ho dedicato alla ricerca di una nuova sintesi con lo scopo di muovermi finalmente in un direzione più vicina al mio gusto. Ho riempito un Tumblr con tutte le nuove illustrazioni e con alcune delle tavole in cui cercavo di sviluppare il soggetto che poi è diventato Tobiko. Caterina di Bao ha visto i miei disegni ed è arrivata la proposta di collaborazione. È stato bellissimo e inaspettato. Ho reagito a Michele che mi diceva “Vogliamo fare un libro con te!” con la solita scena muta che sfoggio nei momenti di emozione e imbarazzo, così è iniziato tutto. Ringrazio ancora BAO per la fiducia e per la meravigliosa occasione e grazie anche voi per avermi dato la possibilità di parlare del mio lavoro su Tobiko.
La storia è dolcissima, surreale e a tratti crudele. Come ti è venuto in mente questo soggetto?
Volevo raccontare alcune dinamiche dei rapporti di coppia, la scoperta, la paura e anche il dolore. Ho usato delle figure semplici proprio perché mi piaceva risultasse forte il contrasto tra la loro dolcezza e la situazione drammatica e di conflitto in cui vivono. La narrazione del reale tramite elementi fantastici mi ha sempre attratta, sia nell’arte figurativa che nella letteratura. Il racconto surreale costringe a un lavoro di interpretazione, durante la lettura nulla è immediato, ma quando il messaggio si rivela è sorprendente. Un esempio è Dino Buzzati che con la spaventosa macchina pensante che ha fatto vivere ne Il grande ritratto ha di sicuro contribuito allo sviluppo del mio gusto in questa direzione. Ho pensato di far muovere i protagonisti in un ambiente impoverito dalla guerra, in tutti i sensi, proprio perché la purezza del rapporto che nasce tra i due spiccasse e fosse il più possibile simile a quella che caratterizza l’inizio di una relazione vera, che va poi perdendosi quando le paure e il bisogno di rassicurazione prendono il sopravvento.
Senza spoilerare niente, la storia d’amore che racconti è pericolosa e per niente facile, in netto contrasto col tuo tratto grafico.
Tobiko è cresciuta da sola, è forte e determinata ma avrebbe tanta voglia di condividere la sua vita con qualcuno, mentre Pop è ingenuo, non ha coscienza di sé, deve ancora conoscersi e capire tutto quello che gli sta intorno, è totalmente fuori controllo e per lui è quasi impossibile essere la figura di riferimento che Tobiko cerca. Si piacciono, si divertono ma il loro rapporto diventa presto doloroso e impossibile come spesso accade quando due persone si incontrano in un momento della vita in cui ancora non sono formati come individui. Ho scelto di raccontare in modo estremamente semplice alcune parti, e di essere inaspettatamente dura su altre, proprio con l’intenzione di destabilizzare e rendere più efficaci i momenti dolorosi.
Si può leggere a vari livelli, i bambini possono guardare gli splendidi disegni mentre gli adulti possono trovarci gli elementi tipici del romanzo di formazione. Che tipo di persona pensi che leggerà il tuo libro?
È difficile prevederlo. Ho pensato questo libro come fosse un episodio di un cartone animato, in cui racconto, nel tempo di una breve avventura, una storia d’amore e d’amicizia nella quale molti dei lettori più adulti potranno riconoscere alcune esperienze vissute. Ho scelto di non essere esplicita proprio come succede in tante serie animate che, pur essendo indirizzate ai bambini, nascondono in ogni episodio dei messaggi comprensibili solo al pubblico più attento e maturo. Come per la storia, anche graficamente Tobiko ha una sorta di doppia personalità, ho unito quello che più mi piace e il risultato credo sia un ibrido. Ci sono i cartoni animati giapponesi anni ’70 e ’80 da cui arriva la mia passione per i robottoni, per i raggi laser e per le gambe delle protagoniste di Hideo Azuma, raccontati con un tratto nero, spesso, impreciso, a volte solo decorativo che credo ricordi qualcosa di più intimista e romantico. Ecco, chi ama questo genere di narrazione e di atmosfera, ma soprattuto chi ha voglia di leggere e scoprire qualcosa di insolito, penso sarà incuriosito da Tobiko.