Libri
di Mattia Nesto 14 Ottobre 2024

The Horizon: innocenza perduta

Candidato agli Eisner Awards The Horizon di Jung Ji Hun, pubblicato da Gaijin/Renoir Comics, è racconto post-apocalittico di rara brutalità. E bellezza.

La copertina di The Horizon www.ibs.it La copertina di The Horizon

Quando ci sono quelle scene, in cui il buio è predominante e il disegno diventa quasi un carboncino che annerisce, ecco è lì che si capisce come The Horizon, webtoon di Jung Ji Hun (già autore di The Boxer, di cui vi ho parlato qui), sia un’opera importante, che ti rivolta lo stomaco e ti spacca in due ma che, comunque, ti porta pagina dopo pagina in un viaggio sempre più nello sprofondo. Il set che apparecchia l’autore sudcoreano, recentemente candidato agli Eisner Awards, è semplice quanto potente: il mondo, per motivi x, che il primo volume dell’edizione italiana di Gaijini ancora non ci spiega, è precipitato in un spirale di violenza senza fine, con un misterioso morbo che rende le persone delle specie di zombie e una risposta da parte degli eserciti sempre più cruda, sempre più brutale, sempre più sanguinosa. Qui vediamo il nostro protagonista, un bambino che avrà, sì e no, undici anni al massimo, occhi grandi, una zazzera di capelli neri come la notte e la prima cosa che vediamo fargli è tentare di, perdonate la crudezza, ricomporre il cervello spappolato della madre che giace morta in mezzo a una carneficina.

Lo stile di The Horizon www.animeclick.it Lo stile di The Horizon

Capite bene che questo inizio colpisce, forse nel male, perché rende difficile proseguire la lettura, ma credo soprattutto nel bene perché ci fa comprendere, dopo davvero una manciata di pagine, come The Horizon sia, soprattutto, un racconto straziante, privo di speranze, disperato. Disperato come è il nostro protagonista, un povero bambino ormai orfano, abbandonato su un pianeta in cui, apparentemente, sembra regnare soltanto la morte e la violenza, con mucchi di cadaveri che riempiono le strade, completamente sventrate da crateri di bombe e missili a profusioni. Il paesaggio di quest’opera è certo post-apocalittico ma soprattutto arido, arido sia di vita, come ho detto prima, ma anche di punti di orientamento. Per darvi un’idea, è come se questa guerra perdurante e globale abbia quasi appiattato  ogni rilievo, montagna o collina, abbia sbriciolato ogni casa o palazzo, abbia abbattuto ogni forma di governo e di società civile. E, forse, abbia completamente annichilito ogni tipo di particella di bene in questo mondo. Eppure, il bambino, solo mette un piede dopo l’altro e si incammina, occhi e testa verso l’orizzonte.

Un grande lavoro The Horizon blogger.googleusercontent.com Un grande lavoro The Horizon

Già lo sappiamo, non potrà rimanere solo per sempre, e ci sarà un incontro, forse più d’uno. Da questi legami, che nascono sempre per la disperazione e rasentano costantemente la paura per l’altro, Jung Ji Hun trae un’importante lezione, mai sbandierata o urlata in faccia ma sempre mostrata con eleganza, raccontando la storia e non la sua morale. L’essere umano è un essere che intesse legami, legami d’affetto, di mutua assistenza ma anche di violenza e sopraffazione. Entro questo spettro si muove la nostra società e, più in particolare, questo fumetto. Fumetto che, è importante sottolinearlo, fa una cosa non così scontata, soprattutto per un webtoon, ovvero gioca con i silenzi, anzi, sono i silenzi, le vignette senza neppure un baloon con delle parole, a dominare la narrazione. Sono campi larghissimi, in senso proprio filmico, di inquadrature, in cui si vede un mondo privo di pietà, primitivo e brutale. E poi, ogni tanto, un dettaglio, i grandi occhi di una bambina magari, spalancati nella notte del mondo per paura e inquietudini, o magari le mani adunche di qualche infetto, scuro in volto e nell’animo, quasi un animale eppure anche “uomo” nell’aspetto e infine ancora la bocca arsa dalla sete che si abbevera alla fonte, un gesto antico, vecchio come l’alba dei tempi. The Horizon è, oggi, uno dei webtoon meno webtoon di sempre, con un livello di maturità molto alto, seppur nella sua semplicità di narrativa. Questa è la sua forza, insieme a quelle vignette nere come la notte, di cui vi parlavo all’inizio, che vi tormenteranno per giorni e giorni. Il volume di Gaijin è ben realizzato, a parte forse giusto un paio di splash page che vengono un po’ sacrificate dalla rilegatura delle pagine, con un’ottima traduzione da parte di di Valerio Stivè. La pubblicazione è ça va sans dire consigliatissima.

 

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