di Mattia Nesto e Filippo Gualandi
Il 26 giugno 1997 è una data che segna l’inizio di uno dei fenomeni prima letterari, poi cinematografici e quindi sociali/culturali più rilevanti degli ultimi tempi: esce infatti Harry Potter e la pietra filosofale, il primo libro della eptalogia firmata dalla scrittrice inglese e una delle donne più ricche del pianeta, J. K. Rowling. I sette libri con protagonista il mago più amato di tutti i tempi sono diventati un vero e proprio culto in giro per il mondo decretando il fatto che la nostra generazione sia stata letteralmente forgiata dalle avventure di Harry Potter. Qui di seguito i principali motivi di un amore che non finisce ma anzi si alimenta nel corso del tempo.
Ha sdoganato una volta per tutte il genere fantasy
Tra fantasmi, licantropi, gnomi, draghi, giganti e ippogrifi (giusto per citare solo alcune delle creature chiamate in causa dalla Rowling) vi sono tutti gli elementi delle storie fantasy in bella mostra ma non solo. Con al centro una scuola di magia e stregoneria, le ambientazioni gotiche e l’utilizzo degli elementi più caratteristici del folklore nordico, il grande successo di Harry Potter ha sdoganato, una volta per sempre, il genere fantasy da sottogenere per appassionati e addetti ai lavori a genere di massa e di assoluto culto.
Ha posto al centro un tipico loser
Diciamocelo francamente sia il personaggio letterario che l’attore scelto per impersonare Harry Potter, Daniel Radcliffe (nonostante un tardivo quanto francamente misterioso tentativo di divenire un palestrato a tutti gli effetti), non erano esattamente i sex-symbol da avventura romantica. Lontano anni luce dal fascino selvaggio di un ramingo del Nord alla Aragorn o allo sguardo piacione di un vampiro immortale alla Edward Cullen, Harry Potter è il classico loser da liceo anglosassone: gracile, eternamente spettinato, con un paio di grossi occhialoni è il tipico elemento che sarebbe bullizzato all’istante in qualsiasi high-school film anni Ottanta. Eppure Rowling lo ha voluto rappresentare in questo modo per una ragione precisa: insegnandoci come l’apparenza inganna e dietro ad un aspetto un po’ così si possa nascondere un grande coraggio. Inoltre il processo di crescita, non soltanto fisica ma anche e soprattutto mentale, che tutti i personaggi di Harry Potter hanno (si pensi a Neville Paciock ) è uno degli elementi più belli dell’intera saga.
Un ruolo centrale è stato affidato ad una ragazza
Stiamo parlando ovviamente di Hermione e dell’attrice Emma Watson che ha vissuto, sino a pochi anni fa, un rapporto quasi simbiotico con il suo personaggio. Hermione è una ragazza dalla forte personalità, amante dei libri e della cultura e che grazie alla sua conoscenza riesce quasi sempre a salvare Ron e Harry dalle più pericolose situazioni. A partire dal terzo libro, Il prigioniero di Azkaban, la vedremo maturare notevolmente a livello di carattere, dimostrando coraggio da vendere, una grande volontà di emancipazione e intelligenza sempre spiccata. Insomma se le ragazze di una volta leggevano e prendevano nota dai libri di Simone de Beauvoir, le ragazze di questa generazione hanno imparato da Hermione che cosa sia il girl-power.
Le edizioni Salani
Trattiamo ora uno specifico tutto italiano. Harry Potter è arrivato nel nostro Paese nella traduzione della Salani Editore. Senza entrare ora nel merito della bontà o meno della traduzione concentriamoci su queste prime edizioni: a livello di prodotto editoriale, di packaging insomma, sono uno dei più interessanti esempi mai visti in Italia. Libri di qualità, con le pagine di carta spessa e dalla grammatura giusta, copertine soffice e dalle fantasie sempre intonate e un peso specifico che non era mai né troppo né poco. Oggetti belli e da mostrare, così come per le copertine (nonostante molti preferiscano gli originali inglesi). Non è un caso che sempre più case di trentenni sfoggino librerie dove ai posti d’onore fanno bella mostra i sette volumi della saga di Harry Potter. Inoltre non si può non citare l’intuizione di Luigi Spagnol, attuale Presidente di Salani, che proprio nel’97 puntò su questo libro ancora non così famoso a livello internazionale e che più di un editore italiano aveva rifiutato: quando si dice vederci lungo!
Valori fondanti: coraggio, lealtà e amicizia
Sin dalle battute iniziali del primo libro siamo proiettati in un mondo molto difficile per un ragazzo come Harry: orfano di padre e di madre e costretto, suo malgrado, a crescere con gli antipaticissimi zii materni, dovrà vedersela con una serie di nemici uno più micidiale dell’altro. Eppure Harry Potter non si sentirà mai veramente allo sbando perché sarà sempre guidato da tre principali valori, valori-guida per tutta la saga: coraggio, da portare sempre con sé anche nelle occasioni più disperate, lealtà, il più forte non è il più potente ma è quello che gioca secondo le regole ed è più intelligente degli altri e infine, indispensabile, l’amicizia, chi è da solo e non può affidarsi agli amici è sconfitto in partenza.
Questa saga ha rappresentato un rito di iniziazione
Un dato da non sottovalutare, per capire l’affetto planetario, è che molti dei lettori oggi cresciuti hanno letto le avventure di Harry Potter grosso modo avendo la stessa età dei personaggi principali. Questo ha significato una praticamente totale immedesimazione con i protagonisti letterari che, assieme a draghi, mostri e maghi assetati di sangue, si trovano ad affrontare anche i problemi tipici della loro età: dalle prime cotte, alla solita routine scolastica (anche se invece di algebra bisogna dare un esame di pozione), dalla paura di confrontarsi con gli altri, alle sfide dello sport. Insomma invece che racconti di fantasie, le storie di Harry Potter ad un certo punto ci sono sembrate dannatamente reali. Inoltre bisogna ricordare che, al di delle solite malignate del tipo “è tutta una questione di marketing”, l’attesa e l’hype che si creava davanti all’uscita del libro successivo di Harry Potter era in gran parte dovuta alla maturazione, perfettamente descritta dall’autrice, dei personaggi nella saga: una maturazione non soltanto fisica ma anche e soprattutto mentale e spirituale che giustappunto procedeva di pari passo (almeno si spera!) con quella dei lettori.
Lasciare libero sfogo ai lacrimoni (aka “what a twist!”)
Se ad un appassionato di Harry Potter si dice la parola Piton sarà quasi una reazione automatica quella di scoppiare in un pianto liberatorio (anche a seguito della prematura scomparsa di Alan Rickman, l’attore che lo ha intepretato nei film). La complessità di questo personaggio (ma non soltanto di lui) è infatti significativa di come i sentimenti, anche i sentimenti che portano al pianto, siano una vera e propria architrave della saga. Questo ha reso pop i lacrimoni: invece di vergognarsene da qui in avanti si sono potuti “condividere” in compagnia!
Il libero arbitrio
Nel primo libro al momento dello smistamento nelle case, c’è una scena emblematica. Si vede Harry Potter che, mentre il Cappello Parlante sta decidendo a che casa destinarlo, prega tra sé e sé di non finire a Serpeverde, la casa dei maghi cattivi, di Voldemort e dei Mangiamorte. Il Cappello Parlante in qualche modo capta questa “preghiera” e dice al mago che nella casa di Serpeverde potrebbe fare grandi cose, avendo tutte le caratteristiche per diventare uno stregone potente. Eppure, visto che Harry spera per Grifondoro, il Cappello Parlante acconsentirà a questa speranza: perché nell’universo di Harry Potter sono le scelte personali a contare, non il censo, la famiglia o la nobiltà del sangue (leggasi razza). Poi come dimenticare numerosi passaggi (veri e propri oggetti di culto per gli appassionati) in cui Harry viene più o meno velatamente paragonato al Signore Oscuro, sia per alcuni “poteri” in suo possesso (come quello di riuscire a comunicare con i rettili) o per una vicinanza di carattere tra i due: tuttavia, nonostante queste comunanze, la vera differenza è che Harry non vuole essere Voldemort, vuole combatterlo per il più letterario e appassionante concetto di “bene” possibile.