Palepoli di Usamaru Furuya è un inno alla creatività umana.
Se dovessi citare uno e un solo pregio di Palepoli di Furuya sarebbe il fatto che l’opera al manga, pubblicato da Coconino in una edizione bellissima, è I fiori blu di Raymond Queneau, sorta di capolavoro assoluto della creatività umana. Ecco il manga che, mi auguro, avrete o già fra le vostre mani o presto è proprio questo: l’inizio di un viaggio interstellare attorno, sopra, sotto e attraverso la mente di un artista semplicemente geniale.
Un artista a tutto tondo, sia dal punto di vista tecnico, capace com’è di replicare quando vuole l’arte Rinascimentale di Mantegna o Botticelli e, poco dopo, rifare pari pari un Doraemon o la citazione a qualche maestro del gekiga, ma anche nella scelta di impostare la narrativa con il nucleo più elementare del manga, ovvero l’impostazione a quattro vignette. Furuya dimostra con la sua arte che quattro è il numero perfetto e, meglio, che attraverso quattro “sole” vignette si può, benissimo, raccontare un mondo, anzi più mondi. Perciò, partendo da un presupposto di tipo tecnico/sperimentale, ovvero basarsi sull’unità minima della narrazione manga, il cosiddetto yonkoma, Furuya ci porta attraverso fatti, situazioni e scenari davvero incredibili: si passa da un orsacchiotto killer a un fantasma che “giudica” il lavoro di un mangaka, passando per le perversioni di una coppia e il costante/continuo citazionismo di altre opere, sia manga sia della letteratura che del cinema, della televisione o della musica. L’occhio del lettore diventa così, esattamente come la sua mente e il suo cuore, una specie di sismografo dei movimenti tellurici dell’anima creativo dell’autore che, è proprio il caso di dirlo, a ogni pagina, sorprende a avviluppa sempre più. Ecco perché questo manga mi pare proprio il caso di definirlo una tetrarchia della narrazione, un quadrilatero di storie.
Tutto questo, tutto questo caravanserraglio di idee e suggestioni si tiene, splendidamente, assieme, grazie all’incredibile verve creativa di Usamaru Furuya che con Palepoli ci consegna un’opera d’esordio talmente unica del suo genere da non essere assimilabile a nulla in circolazione nel momento nel quale uscì e neppure, tanto, al giorno d’oggi: un’opera che, senza soluzione di continuità, viaggia nel tempo, nelle dimensioni e negli stili. Palepoli, insomma, non potete perderla perché, il rischio, è che venga a prendervi lei, in una specie di meta-narrativa totale.