Oggi è l’anniversario di nascita dello scrittore francese Antoine de Saint-Exupéry, universalmente riconosciuto in tutto il globo per aver scritto Il piccolo principe, una delle opere più vendute del ventesimo secolo.
Ne abbiamo parlato un po’ tutti poche settimane fa, quando la neo sindaca romana Virginia Raggi lo ha inserito nella sua classifica personale dei più bei libri mai letti, insieme a quei manuali per fronteggiare Mafia Capitale, e vabbè.
Sui social poi, un giorno sì e l’altro pure ci sarà qualche sfrontato intellettuale pronto a condividere una di quelle immagini da 5.000 like a botta, tipo quella qui sotto.
Io, quel libriccino lì, l’ho letto che non ero bambino (fortunatamente mia mamma mi passava Gianni Rodari). Mi sa che la prima volta che mi ci sono approcciato era una sorta di viatico per un limone con possibilità di seconda base con una fricchettona di prima liceo.
Io, che leggevo Stephen King come se il domani non arrivasse mai, mi sono sentito morire dentro. Questa tipa mi diceva “No devi leggerlo, è troppo poetico, c’è tutto quello che serve” e boh, mi sono fatto abbindolare. C’era pur sempre in ballo il limone.
Mi è stato subito sulle palle questo bambino ariano un po’ sciroccato che vive nel Sahara, che si veste come uno dei Pooh ai tempi del prog e che non riuscivo, né riesco, a capire il motivo per il quale si trovi in mezzo al deserto africano se è un nobile bianco.
Logicamente, tutto quel sole che ha preso in fronte l’ha reso debole di mente e gli fa credere cose folli, tipo essere friendzonato da una rosa o accollarsi a un poveraccio reduce da un incidente aereo, che precipita da quelle parti.
Lì il principino dà il peggio di sé, ordinando all’aviatore di disegnargli una pecora che gli servirà per mangiare i baobab che infestano l’asteroide ariano dal quale proviene.
Purtroppo il vecchio non ha il Ritalin, che le mamme americane danno ai loro pargoli quando sono iperattivi come se fosse Fanta, quindi gli tocca sorbirsi tutta questa cazzatona e alla fine da scemo ci passa lui.
Il principe attacca un pippardone epico all’aviatore malconcio, riferendogli di tutti i tipi da bar che ha visto in giro per gli asteroidi, tipo il vanitoso, lo sbronzo, il broker che tiene ai soldi ecc. tutta gente alla fine normale, che c’ha qualche difettuccio ma che Lil’ Prince disprezza, da spocchioso qual è. E poi incontra una volpe.
Ma voi, le volpi le avete mai viste? Provate a mettere una manina vicino al loro nasino, tipo come si fa coi cani. Minimo vi beccate un morso e la rabbia. Non sono esattamente come quella de La volpe e la bambina, il film tanto carino doppiato da Ambra.
Sono animali selvatici che meritano rispetto proprio per la loro inequivocabile natura. La volpe del principino invece che fa? Gli chiede di essere addomesticata.
Un po’ come se oggi bussasse alla vostra porta Salvini e vi pregasse di introdurlo alla magia della cultura Rom.
Morale della favola, dopo aver crepato i nervi del vecchio, il principe trova un serpente e si fa mordere, dandosi la giusta morte, con tutta probabilità per essersi reso conto delle panzane che ha appena raccontato. I followers del libro in realtà pensano che il serpente lo avveleni per farlo ritornare sull’asteroide B 612, ma noi sappiamo che ha fatto la fine di Tommen nel finale di stagione di GoT.
Ciò che mi fa odiare il libro più della dichiarazione dei redditi è la pretesa dei suoi fan di far diventare una favoletta neanche troppo brillante come l’atlante col quale elaborare metri di giudizio, la bibbia della formazione. Lui, insieme all’uccellaccio Jonathan Livingston e ai fottuti guerrieri della luce di Coelho sono una fuffa atroce, perché banalizzano concetti che invece potrebbero essere pure interessanti, vanificandoli così del tutto.
Non c’è proprio nessuno da addomesticare, chi cazzo siamo, gli italiani che con gli stivali di cartone andavano in Etiopia nel ventennio? Nelle relazioni d’amicizia e d’amore casomai si tratta di smussare i propri angoli acuti per creare linee più morbide, che feriscano meno.
Si tratta di provare profondo amore per persone così come sono, non di renderle diverse a proprio piacimento. Lo so che anch’io sto scivolando nella banalità più trita, ma sant’Iddio, crescendo con gl’insegnamenti di quel principino del menga vi ritroverete a sentirvi più fighi degli altri, senza motivo.
A giudicare, a ordinare, ad addomesticare (e a tentare di copulare arbusti) altrimenti, se non si fa come volete voi, ve ne andate. Grazie Antoine, per aver cresciuto una generazione di radical chic egocentrici ed egoisti, che prima di aiutare un aviatore moribondo preferiscono parlargli di se stessi.
Ma voi, fan sfegatati di quest’inutilità, avete mai letto tutto il libro de La storia infinita di Michael Ende? No, non il film, quello arriva a malapena a metà. Lì, tra tutte le prove che deve superare il giovane Bastian per riuscire a sconfiggere il Nulla e riportare far rinascere Fantàsia, potrete trovare tutto quello che cercate, in virtù di un bene comune e non dei capricci del piccolo George ante litteram.
Oppure, perchè non leggere delle avventure di Conan nel romanzo di Alexander Key (quello che ha dato il la alla serie animata di Miyazaki). Si parla di salvare il pianeta, degli effetti disastrosi della guerra e dell’egoismo umano, con l’ecologia come unica via. Non di fottute pecore mangia baobab sugli asteroidi.
Ogni tanto mi viene in mente una cosa brutta: non è che il Piccolo Principe è così famoso perché è un romanzo corto, che si legge in un pomeriggio, con i concetti a porta presa e le metafore che capirebbe anche un elettrodomestico? E se fosse davvero, semplicemente, un libro brutto?