LIBRI FIGHI scritto così, in capslock, è una rubrica che esce ogni giovedì su Dailybest, ma magari più spesso, chissà. Cosa ci mettiamo in questa rubrica? Lo dice il nome, si spiega da sola.
Non solo nuove uscite però, anche classici o meraviglie sconosciute.
Hai un LIBRO FIGO che ti piace tanto, che è importante, che pensi dovremmo leggere tutti e vuoi spiegarci perché? Che bello: sono 2500 caratteri spazi inclusi. Scrivici a info@dailybest.it, oppure sulla nostra pagina Facebook.
Kent Haruf è morto a 71 anni nel 2014: noto soprattutto per la Trilogia della Pianura, aveva pubblicato per la prima volta tardi, a quarant’anni suonati, in un’epoca in cui a quell’età eri giustamente un uomo fatto e finito. Tra i quaranta e i settanta però si prese tutto quello che non aveva avuto prima, tra cui una menzione speciale dalla PEN/Hemingway Foundation, una finale al National Book Award, al Los Angeles Times Book Prize, e al New Yorker Book Award.
Riguardo alla sua infanzia Kent Haruf raccontò a Granta: “Forse quegli anni di infelicità, solitudine, di vita chiuso in me stesso mi hanno aiutato ad aver più attenzione nei confronti degli altri, a fare più attenzione alle emozioni delle persone che mi circondano”. Perché era infelice e isolato Haruf? Per un’operazione – non riuscita – che doveva sistemargli un labbro leporino.
Il libro di cui parliamo oggi si intitola Le nostre anime di notte, ed è l’ultimo romanzo scritto da Haruf. Nelle foto che si trovano online Haruf sembra un uomo bonario, baffetti, occhi intelligenti: morì di cancro ai polmoni e Le nostre anime di notte lo scrisse negli ultimi mesi di vita, consumando ognuno dei suoi ultimi giorni nella stesura. “Scrisse quasi un capitolo al giorno, con un cappellino sempre sulla testa, come un paraocchi, per concentrarsi solo sulla storia, senza pensare a refusi, sintassi… ‘Devo diventare cieco per vedere’ diceva” ricordava la moglie Cathy.
Di che parla Le nostre anime di notte? Di due vicini di casa, entrambi vedovi, che al crepuscolo della vita decidono di unire due solitudini: “Vuoi passare le notti da me? Inizia così una storia di intimità, amicizia e amore, fatta di racconti sussurrati alla luce delle stelle e piccoli gesti di premura. Ma la comunità di Holt non accetta la relazione di Addie e Louis, che considera inspiegabile, ribelle e spregiudicata” si legge nella sinossi, sul sito di NN Editore.
C’è questa bella intervista a Cathy, la moglie di Haruf, uscita su Repubblica qualche giorno fa: bella e abbastanza straziante. Si erano conosciuti così “Nel 1991, a una festa, un ritrovo di liceali dopo 30 anni. L’ho rivisto e ho pensato: “Ti ho aspettato tutto questo tempo”. Ma eravamo entrambi sposati con 8 figli in due! Solo cinque anni e due divorzi dopo, ci siamo riuniti”. Già: distruggere tutto, mettere insieme due vite, tentare l’ennesima rincorsa e l’ennesimo salto verso la felicità, sperando sia la volta buona, che ci spuntino le ali mentre siamo in volo.
Le assonanze tra la storia narrata in Le nostre anime di notte e la biografia di Haruf e della moglie sono talmente evidenti che non vale neanche la pena di sottolinearle: è il romanzo di loro due, fa piangere moltissimo.