Non credevo potesse fare così male e così bene al tempo stesso. Quando ho terminato di rileggere Non mi sei mai piaciuto di Chester Brown, pubblicato in una magnifica edizione da Rizzoli Lizard arricchita da una prefazione di Francesco Pacifico, le emozioni sono state fortissime e, come spesso accade in questi casi, parecchio discordanti. Seguendo la storia di Chester, un adolescente talmente normale da parere particolarissimo, non ho potuto fare a meno di rivedermici. Esattamente come il protagonista-autore, io, ma credo molti di quelli che stanno leggendo, non ho tutta questa dimestichezza nell’esprimere i sentimenti. E proprio di sentimenti (e di abbracci, dati o non dati), in modo sublime, si parla in questo albo. Ma se da un lato ho provato un’immediata immedesimazione con Chester, dall’altra parte ho sentito un sordo dolore per le scelte, anzi per le non-scelte del protagonista.
Pur nella differenza dei caratteri, delle storie e delle biografie di ognuno, arriva un momento nella vita di tutti in cui ci si trova esattamente come il protagonista del libro, con tutte le possibilità spalancate davanti, con un miliardo di cose da fare e un milione di futuri tangibili, ma anche in preda a una insondabile staticità che non ci permette di esprimere a dovere quel che proviamo. E così, conoscendo gli altri protagonisti che puntellano la storia, dalla madre del protagonista passando per Sky e Carrie, si finisce per empatizzare con i personaggi, indipendente dal fatto dell’essere d’accordo o meno con il loro comportamento.
Brown è un maestro del dettaglio, non tanto dal punto di vista del disegno, quanto del momento. Per comprendere meglio questa nostra frase basta osservare alcune vignette, in special modo quelle non “parlanti”, è lì che vanno rintracciati i “tagli” nella storia degni di uno sceneggiatore. Come ha ravvisato anche Francesco Pacifico nella sua prefazione, questi micro-dettagli ( comelo sguardo di Carrie verso Chester) fanno gridare a più riprese al capolavoro, ma un capolavoro accordato su un registro intimo, “in minore” diremmo in musica.
Al contrario di tanti, troppi resoconti sull’adolescenza, Chester Brown, invece di perdersi nei classici stereotipi delle pulsioni giovanili, si focalizza negli ambienti, nei dettagli delle azioni, anche quelle più semplici come mangiare un cracker o lavare i piatti. Non mi sei mai piaciuto è un libro non solo da leggere, ma che è importante soprattutto rileggere, più e più volte, e il motivo è presto detto: parla di me, parla di te e parla di tutti noi. Chester Brown, per citare Flaubert, c’est moi!
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