La fiaba bio-apocalittica di Mayfly Island è contraddistinta da uno stile ad acquarello delicatamente potente e da una trama, per quanto confusa, non banale.
Il fumetto taiwanese Mayfly Island è una di quelle opere che da un lato ti regala emozioni praticamente ad ogni pagina, grazie a uno stile ad acquarello non solo molto particolare ma anche e soprattutto riconoscibile, e dall’altro ti impone sempre la massima attenzione. Già perché la nuova uscita di Toshokan ha un’anima ambivalente che, personalmente, mi ha davvero intrigato ma che capisco benissimo possa rendere, diciamo così, dura la vita a un lettore della prima ora. Ma andiamo con ordine. Innanzi tutto stiamo parlando di quella che si potrebbe definire come un’operazione multimediale, anzi, ancora meglio, crossmediale, visto che siamo di fronte a un fumetto che fa da prequel a un film d’animazione di futura realizzazione. Questo è il primo dato di fatto importante per capire poi un altro aspetto dell’albo pubblicato in una, bellissima, edizione da Toshokan (forse, a livello proprio di cartotecnica la migliore della nuova casa editrice), ovvero quello che si citava anche prima, cioè una certa “natura rabdomantica” della narrativa che un paio di volte fa dei “salti” logici che impongono una certa qual attenzione nei confronti di chi sta seguendo le vicende. Vicende che però, e qui veniamo ad uno dei, tanti, punti forti dell’opera, sono davvero molto interessanti. Infatti la storia è ambientata in un mondo ormai alla deriva, dove l’inquinamento passato ha dato i suoi marci frutti oggi: la terra è arida, i frutti e le coltivazioni sempre più scarsi e l’umanità si arrabatta come può, sfruttando il poco che ha.
Su quest’ambientazione si staglia il mito, abbastanza concreto, della cosiddetta “isola fluttuante”, ovvero un isolotto che dopo un violento tifone e una potente burrasca apparirebbe al largo come segnale di cattiva sventura. E proprio da qui si muove questa storia, divisa a capitoli, nei quali seguiamo da un lato degli avventurieri che vanno alla ricerca di alcuni esemplari di api per completare una cerimonia sacra (qui si sottolinea l’assoluta importanza della presenza delle api nel nostro habitat per, letteralmente, “portare avanti la vita”) e dall’altra si coglie un frammento di esistenza degli abitanti dell’isola, i quali vivono in simbiosi, più o meno perfetta, con la Natura, sempre più minacciata dall’avidità e dall’inquinamento dell’essere umano. Come vi sarete accorti siamo molto vicini alle tematiche, e anche alle ambientazioni, di Hayao Miyazaki ma questo è solo un bene. Infatti sospeso tra Laputa e Mononoke, Mayfly Island trova la sua ragione d’essere nonostante tributi omaggi numerosissimi alle opere appena citate dello studio Ghibli.
Soprattutto il tratto delicato ed elegante e la tecnica ad acquarello (che, guarda caso, ricorda proprio Il viaggio di Shuna, pubblicato recentemente anche in Italia) mi hanno fatto innamorare di Mayfly Island, pur riconoscendo gli inciampi, soprattutto a livello di sceneggiatura e di costruzione dei personaggi (nel momento in cui iniziamo ad affezionarci, “ci vengono tolti”). Tuttavia, nella logica di una storia che è de facto un prequel rispetto agli eventi che vedremo nel film d’animazione, la curiosità è tanta, tantissima per questa “isola misteriosa”. Al momento, perciò, abbiamo “soltanto” un ottimo fumetto, con uno stile delizioso e una storia misteriosa e intrigante. Mica male no?