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Max Fridman: la classe e l’eleganza di Vittorio Giardino applicata al fumetto

 

Quando si finisce di leggere La doppia vita di Max Fridman di Vittorio Giardino non si può che avere un solo e un solo pensiero che frulla in testa: “ma quanto è bravo?”. Già perché il volume edito da Rizzoli Lizard è davvero quello che si può definire “una prova di bravura” di Giardino, disegnatore e sceneggiatore italiano approdato tardi al mondo dei fumetti, quando aveva già quarant’anni, periodo nel quale molti suoi colleghi registrano una specie di crollo della creatività. E invece no, Giardino, grazie all’amore per i viaggi, gli orizzonti esotici e, naturalmente, le spy-story costruisce negli anni Ottanta uno dei personaggi dei fumetti più eleganti, anticonformisti e particolari di sempre, ovvero Max Fridman.

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Nelle due storie che compongono il volume, Rapsodia ungherese (per altro la prima storia in assoluto del fumetto) e La porta d’Oriente, si comprende bene la specificità del personaggio di Max Fridman. Innanzi tutto Giardino opera una sorta di ribaltamento dei cliché: quello che, a conti fatti, è un emulo francese di James Bond è una specie di assoluto contraltare della spia di sua Maestà. Tanto è sicuro, ineluttabile e “insindacabilmente eccezionale” James Bond, tanto Max Fridman è mutevole, alle volte insicuro e, udite udite, assolutamente normale. Questa sua intrinseca normalità la si comprende molto grazie alle fattezze che Giardino gli regala: è un uomo di bassa statura, non ha la classica fisicata anzi, ha il volto paffuto ed un po’ rotondetto, porta una barba roscia e c’è il sospetto che, presto o tardi, diventerà pure calvo.

Eppure nonostante questo, sia che si trovi ad attraversare il Danubio oppure nei vicoletti di Istanbul, Max Fridman emana un fascino e magnetismo enorme, fascino e magnetismo enorme che sarà avvertito dalle sue “compagne di venture”: donne non soltanto bellissime (con dei volti disegnati da Giardino davvero di rara raffinatezza) ma anche emancipate, che sanno ragionare con la loro testa e che, spesso e volentieri, salvano la vita alla stessa “spia sui generis”.

Insomma se non avete ancora letto le avventure di Max Fridman vi conviene farlo perché Giardino vi porterà per mano in un mondo, con l’orologio della Storia sempre fermo al “fatale” 1938 (che, per i più distratti, significa l’anno immediatamente precedente allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale), fatto di vestiti eleganti, parlare forbito, citazioni dotti e macchine dall’assoluto fascino retrò. Siamo nelle coordinate di Corto Maltese certo ma con meno vena poetica e più amore per il puro intreccio narrativo: in fondo Max è una spia e l’intrigo è il suo mestiere no?

PS: l’intervista realizzata da Gabriele Ferraresi, proposta qui al termine delle due storie, non soltanto ci svela delle cose praticamente inedite sullo stesso Giardio ma ci fa entrare, letteralmente, nel “laboratorio dello scrittore”, con fotografie di eccezionale bellezza. Ciliegina sulla torta, insomma.

 

La doppia vita di Max Fridman – Vittorio Giardino

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Mattia Nesto

Fa che la morte mia, Signor, la sia comò 'l score de un fiume in t'el mar grando

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Mattia Nesto

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