Tanti temi, alcuni più netti, altri più sfumati nel libro a fumetti di formazione Maltempo di Alfred.
Se c’è una cosa che Maltempo di Alfred riesce fare benissimo e quella di darci sensazioni, profumi e colori di una certa parte del mondo. In questo caso si tratta del Sud Italia, che potrebbe essere un sud siciliano come calabrese, oppure ancora pugliese o magari, perché no, campano (anche della Basilicata, anche se la presenza del mare, diciamo, complica un attimo più le cose) o, volendo, anche molisano. Non è importante tanto il dove ma il “più o meno dove”. Perché Alfred, fumettista francese cultore, si potrebbe dire, dell’Italia, è in grado nelle sue pagine e, soprattutto, nei suoi paesaggi di evocare quel mondo lì, quel mondo strapaesano e di prossimità in cui non succede mai niente, i giorni sono tutti uguali e il sole è sempre alto nel cielo, quasi come se la Terra fosse immobile. Eppure, i personaggi di Maltempo, giovani ragazzi “di vita” si sarebbe detto una volta, non stanno fermi: si muovono, magari inciampano, ma sono sempre tarantolati da una voglia di vivere, confusa e imperfetta, che però pompa il sangue nelle vene. C’è chi vuole amare, chi vuole scappare, chi vuole urlare al cielo l’ingiustizia di crescere in quel paesino lontano da tutti e c’è anche chi vuole fare il rock ‘n’ roll perché è l’unica cosa che conta, veramente, nella sua grama vita.
Se il racconto infatti ruota, dal punto di vista della trama verticale, sulla partecipazione a un talent musicale che passa, in modo del tutto inaspettato, proprio in quel paesino dove non succede nulla, è la trama orizzontale a catturare l’attenzione del lettore. Sotto un cielo sempre uguale, che rende i personaggi quasi di terracotta, con i volti bruciati giustappunto da un’estate perenne, la voglia di vivere si scontra sempre con la dura legge di piccole esistenze senza via di uscita. Le ragazze e i ragazzi del paese, perfino i bambini, ci provano a uscire da quel destino che pare loro segnato, ma, ogni volta, qualcosa li butta giù: la mancanza di lavoro, la speculazione edilizia, che rovina lo splendido paesaggio mediterraneo e che al posto degli alberi costruisce “alberghi di cemento per ricchi turisti che se ne fregano” oppure famiglie a dir poco disastrate, così come “educazioni sentimentali” che sono soltanto pulsioni e baci rubate nelle mezzanotte dei loro vent’anni. La storia poi prosegue, diventano ora buffa ora ingenua, adesso tragico e torbida ma, ancora una volta, non è questo il punto. Alfred dà il meglio di sé quando, quasi in toto, toglie del tutto le batture, le vignette insomma e lascia “parlare” i suoi paesaggi e i suoi sfondi, che dicono tutto senza bisogno di parole.
Trovo che non sia errato considerare Maltempo una specie di “Luca della Pixer in versione adulta”, visto che il protagonista, in fondo, ricorda proprio quello del film d’animazione. Al di là di questo, un po’ strano, apparentamento e al netto di qualche passaggio che mi ha convinto meno, come la citazione a un gruppuscolo di “patrioti nazionalisti” che tengono sotto ostaggio il paese, soluzione che, francamente, ho trovato non tanto gratuita quanto non ben esplicata all’interno della narrazione, è stata proprio la già citata “atmosfera immota e sospesa” ad affascinarmi tantissimo quando leggevo Maltempo. Ho particolarmente gradito, inoltre, il modo in cui Alfred ha descritto col proprio segno grafico le prove del gruppetto rock, in tavole che diventano quasi astratte tanto si concentrano sulle linee cinetiche che rimandano al suono degli strumenti, anche se questi stessi strumenti, magari, sono chitarre sgangherate e coperchi di pentole al posto dei piatti della batteria.
Il grande formato dell’edizione Bao poi permette bene di cogliere il tratto stilistico di Alfred, che giudico molto elegante ed evocativo, anche nella descrizione, apparentemente minimale dei volti, ma che in realtà è in grado benissimo di ridonare tutta la forza espressiva di una persona e non “solo” di un personaggio. E la frase che, ad un certo punto della storia, fa capolino tra le pagine di questo fumetto “va noi basterebbe poterci arrampicare sugli alberi, no?” beh, mi rimarrà appiccicata per tanto tempo nella mia memoria interna. Non solo d’estate ma per tutto il lungo inverno che ci aspetta.