Maiwai di Mochizuki Minetaro, pubblicato da Coconino per la nuova linea Doku, è un manga bellissimo e originale. Una sorpresa.
Quando ho terminato di leggere il primo volume di Maiwai di Mochizuki Minetaro l’effetto di sorpresa aveva fatto capolino quasi a ogni pagina. Già perché questo primo volume, pubblicato da Coconino nella nuova collana Doku, non solo è stato in grado di descrivere personaggi immediatamente iconici ma mi ha anche gettato in un mondo vasto e semi-sconosciuto come quello dei marinai, dei pescatori e, perché no, dei pirati in Giappone. Già perché se dovessi, magari bevendo una birra con un’amica o un amico, dire “ma di cosa parla questo manga?” potrei rispondere, benissimo con, “è una storia di pirati moderni, di wrestling e di crescita, oltre che di rapporto nipote-nonno“; ma lo so, sarete confusi, e quindi andiamo con ordine.
Innanzi tutto il primo punto di forza è, senza ombra di dubbio, la protagonista, ovvero Yamato Funako, una ragazza di quindici anni, in pieno sviluppo quindi psico-fisico, molto legata al nonno ormai defunto e appassionatissima di arti marziali. Lei è una figura immediatamente iconica perché se da un lato appare come una normale liceale giapponese, dall’altro è anche dotata di una forza fuori dal comune grazie ad una promessa convenuta con la mamma sul punto di morte. Il rapporto con il padre, anche se non propriamente perfetto, è comunque molto caldo e genuino, oltre che carico di affetto. Ecco Funako appre quindi al tempo stesso “vero e realizzata ad arte”, con quel misto di micro-gag e situazioni al limite dell’impossibile che funzionano (come quando abbatte, per ben due volte, un gigantesco energumeno, ex capitano della squadra di arti marziali della sua scuola). Tuttavia in questo equilibrio, ovvero un padre e una figlia che abitano in una casa, anzi in un palazzo, lasciato dal nonno (assieme a una montagna di debiti) si abbatte, per così dire, l’arrivo di Katô, un misterioso ragazzo che porta sempre gli occhiali da sole, brillantina e stivaletti a punta e che va ad abitare da loro (il padre infatti ha messo in affitto una stanza per far fronte alle spese). Da qui inizia a scaturire la fiamma della narrazione: Fumako si incuriosisce per il nuovo ospite e si mette ad osservarlo e seguirlo per le vie della città mentre il telegiornale e la radio, quasi in sottofondo, danno la notizia di una nave super veloce che ha sconfinato nelle acque territoriali giapponesi scappando dai controlli e dal blocco della guardia costiera.
Da qui, giustappunto, seguendo la giovane studentessa alle prese con la “raccolta di informazioni” sul nuovo arrivato, la storia prenderà una piega abbastanza sorprendente che è poi il motivo principale, ma non l’unico che mi ha spinto a scrivere questo pezzo. Anche se il tratto di Mochizuki Minetaro non è certamente ai vertici del medium, è un tratto pulito e deciso, anche elegante, che tratteggia bene i personaggi, rende in maniera vivida gli ambienti e consente sempre di seguire tutte le fasi del manga, anche quelle più concitate e/o di combattimento. Ma quello che proprio conquista e rapisce e la capacità di raccontare una storia semplice e complessa al tempo stesso, con un mistero, anzi più misteri che piano piano, con grande eleganza e sapienza, fanno capolino tra le pagine del racconto per poi esplodere verso il finale. Chissà se esisteranno veramente i pirati delle leggende nel nostro mondo moderno in cui tutto, apparentemente, è stato scoperto, esplorato e “esperito”. Maiwai, ne sono certo, ci accompagnerà in una grande avventura assieme a una quindicenne forte e combattiva, con “il suo mare in bonaccia e un peso al petto che non si sa spiegare”. Ah, dimenticavo, ci sono anche dei luchadores assetati di sangue, tesori e rapine. E non scherzo”