Tredici notti di rancore la raccolta di racconti di Kamimura Kazuo è un manga semplicemente imperdibile.
Quando si chiude l’ultimo racconto del secondo volume di Tredici notti di rancore di Kamimura Kazuo, pubblicato da Coconino Press, l’impressione è quella di avere assistito a un miracolo. Già, magari starete pensando che esageri, ma vi assicuro che le mie parole sono mosse da un sentimento sincero: leggendo le donne e gli uomini (per non parlare degli spiriti) che punteggiano questa racconta di racconti, la parola miracolo non sta stretta a Kazuo, ma anzi certifica alla perfezione lo status dell’autore giapponese (del quale Coconino, con grande, anzi grandissimo merito, sta pubblicando l’opera omnia). Questo libro, che come ricordato prima consta di due volumi, è una raccolta di racconti con protagonisti differenti ma tutti quanti uniti da un unico, per così dire, destino: ovvero un nodo inscindibile tra amore e morte, tra desiderio vergogna, tra omicidio e estasi. Le storie di Tredici notti di rancore sono infatti storie molto crude, anche visivamente, dove i corpi delle donne e degli uomini sono, costantemente e in modo quasi magnetico, attratti gli uni dagli altri. Attenzione, però: queste unioni sono sempre, e dico sempre, in qualche misure maledette o, quantomeno, talmente pericolose da, presto o tardi, portare alla morte (di solito violenta) di uno dei due.
Oltre a questo dato di assoluto rilievo, ovvero la coniugazione tra passione e fine, c’è anche la presenza degli animali, una presenza che è ogni volta presenza doppia: infatti da un lato c’è l’animale, serpente, topo, rospo o volpe, che “introduce” la storia e, dall’altro lato, c’è lo stesso animale che però è simbolo di uno spirito (spesso del folklore giapponese) oppure di un sentimento. Ecco allora che la volpe è allo stesso tempo espressione fantasmatica degli spiriti giapponesi ma anche personificazione dell’astuzia oppure il rospo che è il viatico migliore per l’autore per rappresentare un uomo particolarmente orrido e, per di più, completamente corroso dalla malattia del vaiolo. Ed ecco il terzo elemento cardine delle storie di Tredici notti di rancore tanto grumose e ricolme di oscurità: la malattia od anche, potremmo indicare utilizzando un gergo cristiano, il segno del peccato.
Ogni azione nelle storie di questa raccolta, infatti, non è mai impunita ma ha sempre delle conseguenze, il più delle volte fragili, che si manifestano direttamente sul corpo del diretto interessato oppure dell’altro membro della coppia oppure ancora su qualcuno della sua famiglia. La colpa, insomma, il peccato, è simbolizzato in Tredici notti di rancore con una ferita delle proprie carni o una malattia mortale che coglie il malcapitato in maniera repentina. Alle volte questo colpa ancestrale si manifesta anche sotto forma di qualche menomazione fisica dalla nascita, come la cecità, la sordità (specie per una suonatrice di chitarra classica cinese) oppure un corpo smisuratamente massiccio o l’abilità congenita a uccidere gli altri. E qui arriviamo all’ultimo elemento cardine, che si ricollega a tutti gli altri: la vendetta, la pulsione a vendicarsi di qualcosa o di qualcuno. Se dovessi dirvi che cosa è Tredici notti di rancore non avrei dubbi: sono racconti di amore, dolore, passione e vendetta raccontate con un segno elegante e netto (così differente rispetto ai manga mainstream), che ora diventa più sfumato nelle scene d’azione ora più profondo e palpitante, specie nelle scene erotiche. Questo è un volume, infatti, che senza problemi si può annoverare anche fra i manga erotici, con numerose scene di sesso esplicito e di tratteggiamento di corpi che si uniscono e danno o ricevono piacere. Una lettura conturbante e inebriante, che andrà a toccare ogni vostro senso. Un volume quello di Tredici notti di rancore, va detto, eccezionale che mi sento di consigliare: cosicché la prossima volta che vedrete un campo pieno di lucciole potrete pensare alla loro effimera vita sotto una luce del tutto differente.