Informazione, arte, tecnologia, sogni, web, musica, futuro, cinema, geek, follia: vieni a scoprire cosa hanno in comune nel nostro remix quotidiano di notizie.
Ho perso il conto delle volte che sono andato a Lucca in occasione del Lucca Comics & Games, la fiera del fumetto e dei giochi più importante d’Europa e seconda nel mondo solo a quella di Tokyo. Negli anni ’90, quando ero un ragazzino, si chiamava solo Lucca Comics e il suo pubblico era composto quasi esclusivamente da true nerd, quelli non fotogenici, coi capelli mai lavati, le spalline di forfora, i brufoli tipo stelle di Hokuto in faccia e una naturale propensione alla caccia che negli anni ha preservato questa specie dall’estinzione.
Questi esemplari li troviamo ancora oggi, avidi e rancorosi in giro per le strade di Lucca, ma ormai sono talmente rari che quando li avvistiamo siamo presi dall’ebbrezza tipica del gamer, quella che si manifesta quando si vede per la prima volta un Pokémon raro.
Oggi, Lucca Comics & Games è una manifestazione devastante, per portata di pubblico e per precauzioni da usare prima di avventurarsi nei suoi vicoli stretti. Quest’anno complessivamente a LC&G sono stati strappati 271.208 biglietti e si sono riversate nelle strade più di mezzo milione di persone. Numeri impressionanti che danno l’idea di quanti splendidi sognatori ci siano nel nostro paese.
È un vero inferno old school, dantesco, un survival horror che non vuole prigionieri, solo vittime. Un Resident Evil reale, che come una puntata di Black Mirrorè diverso e personale per ognuno dei partecipanti, si nutre delle nostre stesse paure ma mantiene determinate caratteristiche simili per tutti, che andremo ad analizzare come fossimo degli YouTuber che commentano il walktrough di un gioco in diretta. Stiamo utilizzando una terminologia da addetti ai lavori, ma sappiamo che sapete.
Iniziamo a giocare:
Andare in auto al Lucca Comics & Games è un’impresa folle, eroica. Fino al casello di Lucca Est ti senti invincibile, poi inizia lo psicodramma danese. Il GPS non prende più e ti devi fidare dell’istinto o delle antiche profezie tipo “Un mio amico una volta mi ha detto che a Porta Elisa si trova parcheggio di sicuro). Ci sono persone mai più tornate a casa, impazzite dopo aver girato Lucca per ore senza aver mai trovato un buco per infilare la macchina. Una volta finita la benzina sono rimasti lì, dentro la vettura, catatonici e persi. Altri hanno spaccato la propria macchina con la mazza da baseball, l’hanno gettata nel bidone e sono ritornati in treno, non facendo menzione a nessuno dell’incidente. Uno schema difficilissimo.
Dopo molte ore dal tuo arrivo in città, quando hai superato il primo schema, subito un altro ostacolo ti si para d’innanzi: la fila alla biglietteria. Una varia umanità al cui confronto le comparse di Star Wars sono gente comune. C’è gente che ha passato talmente tanto tempo in coda alla biglietteria da innamorarsi, sposarsi col compagno di fila, concepire e divorziare, tutto prima di aver avuto tagliando e braccialetto per accedere ai padiglioni. Si entra ragazzi, si esce uomini fatti.
Una città relativamente piccola come Lucca, nei giorni del Lucca Comics & Games viene presa d’assalto da orde di barbari al cui confronto gli Estranei di Game of Thrones sono dei compagnoni. Presi singolarmente non sarebbero nemmeno cattivi, ma in repliche di 100mila a volta fanno davvero paura. Tu ti eri preparato con la tua cartina e con gli orari degli eventi ai quali volevi assistere: ti basta un primo sguardo alla folla per capire che non ce la farai mai e che sarà già un miracolo tornare a casa senza mutilazioni permanenti.
Sei arrivato alle 8 del mattino, alle 13 finalmente sei dentro, per tenerti leggero nel tuo zaino non c’è nemmeno una barretta energetica e hai una fame e una sete che mai nella vita. Lucca è piena di punti di ristoro, assaliti da idrovore e facoceri antropomorfi che venderebbero la mamma per due fette di pane duro ripiene di un milligrammo di prosciutto preso dalla parte ossuta dello stinco.
Non lo inventiamo certo noi: dopo ore passate tra la folla bevendo ettolitri d’acqua per non svenire, rischi di evacuare il superfluo nei pantaloni. Il fatto è che è dannatamente difficile trovare un bagno vero, un cesso chimico o un posto appartato in cui espellere dentro una bottiglia. Non parliamo poi dell’aspetto di tali luoghi mistici: paludi d’opprimente fetore in cui regnano ancora malattie medievali tipo la setticemia. Meglio non parlare della terribile evenienza in cui tu sia colto da impellente bisogno di tipo B. Molte persone muoiono a questo schema.
Ormai sei dentro e c’hai fatto il callo: la città è invasa dai cosplayer, coi loro costumi giganti e le spade di sei metri, che rimangono imbottigliati come te nei cunicoli della città. Ti capiterà dunque più volte di sfidare in battaglia migliaia di Harley Quinn, di Joker, di Daenerys, di eserciti paramilitari armati fino ai denti, di personaggi giapponesi che non conosci ma che recano parrucche appuntite che ti infilano negli occhi. Non solo: dovrai anche evitare tutte le denunce per molestie sessuali ai danni delle giovani che si vestono con 6 centimetri di tessuto sparso per tutto il corpo, che ti troverai davanti e alle quali rimarrai adeso contro la tua volontà a causa delle onde energetiche provenienti da ogni lato.
Da quando il fumetto è diventato uno status symbol dell’hipster di casa nostra, i fumettisti sono diventati delle rockstar con ettari di fila davanti per i firmacopie coi disegnetti. Ciò è un bene per l’industria, sia chiaro, meno per te che [e questa è una true story] fai un’ora di coda per fregiarti di una preziosa illustrazione del tuo idolo e quando sta per toccare a te, l’artista viene colto da ispirazione davanti a una ragazza bellissima e le regala un’opera degna di Caravaggio, per la quale spende due ore del suo tempo. Giunto finalmente il tuo turno, ti fa una stellina e ci scrive “Per Simone”.
Dopo esserti fatto tutti i padiglioni dell’area Comics, è notte fonda e tenti l’assalto all’area Games. Al suo interno vi sono imprigionati come in una sorta di Guantanamo ludica, i peggiori esseri umani mai concepiti. Dopo ore d tornei selvaggi, non distinguono più la realtà dalla fantasia e per una domanda mal posta possono assalirti in branco, tagliarti la gola con una cartina di Magic e bere il tuo sangue. Diffida della loro gentilezza, potresti ritrovarti in un fosso senza un rene dopo aver comprato un Black Lotus rarissimo.
Non stare a guardare il programma, verso le 21 vai diretto sotto palco che tanto ci troverai Cristina D’Avena. In sua assenza, altre vecchie glorie delle sigle dei cartoni animati. Un amarcord che ci sta, dopo tutte le battaglie che hai dovuto intraprendere nel corso della giornata. Credi davvero di essere in salvo? Pazzo. I 40enni fanatici delle sigle tv sono la stirpe più cattiva sulla faccia della terra. Per avere la migliore visuale sui generosi davanzali della D’Avena ti danno delle gomitate ad altezza faccia che nemmeno al concerto del Sepultura e sanno tutte le canzoni a memoria, compresa la parte che nel cartone animato non c’era, comprese le b-side e le versioni alternative. Tengono in ostaggio i poveri cantanti per ore con richieste assurde tipo “Facci la canzone che cantava Creamy nel 27° episodio al minuto 17. Siamo gli ultrà e comandiamo noi”. Uno degli schemi più tosti, che può far impazzire tutti, pubblico e star.
Ce l’hai fatta, come un novello Scott Pilgrim hai superato il parcheggio, la biglietteria, la fame e i bisogni primari, hai ucciso cosplayer, gamers e fan, stai uscendo dalle porte di Lucca per tornare a casa e pensi di aver finalmente finito il gioco. Neanche per sogno, c’è il boss finale: il rientro a casa. Calcola che a quell’ora sei sfinito, disidratato, vestito di pezze lacere come un martire cattolico, sanguinante sotto il peso dello zaino pieno di edizioni variant di fumetti da dieci chili l’uno. Per uno strano quinto senso e mezzo riesci a trovare la tua vettura dopo aver camminato fino ad avere le vesciche ai piedi. Sali sopra, ritrovi un minimo di fiducia nel creato e parti. Durante le prime sei ore riesci a fare solo venti metri a causa del traffico. Nel frattempo scarichi la batteria, finisci la benzina e chiami il tuo psichiatra per prenotare tutto il mese. Anche stavolta non ce l’hai fatta. Insert coin to continue. Fra un anno.
Com’è andata? Ce l’hai fatta ad uscirne vivo? In quel caso c’è pure un easter egg che è anche peggiore del gioco stesso: ti sei assuefatto e ci vuoi tornare l’indomani, oppure l’anno dopo. Vuoi rigiocare quella partita in cui c’è in ballo la tua vita piena di miraggi d’infanzia, di ricordi e di bisogni primari per sfuggire dalla realtà. Ci vediamo il prossimo anno, buona fortuna.