Charles Berbérian con Un’educazione orientale, pubblicato da Bao Publishing, realizza un’opera magistrale.
Non si può terminare la lettura di Un’educazione orientale di Charles Berbérian, pubblicata da Bao Publishing, senza commuoversi. Nel racconto dell’autore libanese trapiantato a Parigi “da una vita”, infatti, si possono rintracciare tutta una serie di “diapositive del cuore” della stessa biografia di Charles, cresciuto a Beirut e che da Beirut, come scritto poc’anzi, è partito a più riprese per andare in Francia. Questo libro, come racconta il fumettista nelle battute iniziali dell’opera, è nato durante la prima ondata di Covid nel 2020, a seguito dell’esplosione del 4 agosto dello stesso anno al porto di Beirut, una tragedia che ha portato alla morte di 218 persone, ferendone altre settemila circa. Proprio questo fatto così grave avvenuto nella “sua” Beirut, spinge Charles Berbérian a partire per il Libano, per ripercorrere il viale dei suoi ricordi.
Qui, attraverso tavole poetiche e trasognate, Beirut diventa davvero una città che trascolora nella memoria, dove passato, presente e un po’ di futuro si avvicendano senza soluzione di continuità. E come se Berbérian ci dicesse, attraverso le sue tavole (arricchite non solo da stili differenti, ora più astratto ora più attenti al dettaglio, ma anche da alcune fotografie, di cibi, fiori o scorci) ci dicesse che a Beirut il tempo scorre diversamente piuttosto che a Parigi o in qualsiasi altra parte del mondo. Da qui l’autore libanese parte per un altro viaggio, quello di cui ho accennato prima, ovvero quello attraverso i propri ricordi. In un movimento che mi ha ricordato molto da vicino quel capolavoro di Quartieri lontani di Jirō Taniguchi, la Beirut dei ricordi diventa la Beirut del tempo presente, con le figure della sua famiglia, su cui su tutti spicca il fratello maggiore Alain, fanno a capolino tra le tavole. Ci sono momenti di una dolcezza disarmante, come quando si fa la conoscenza della nonna di Charles, cresciuta in Egitto ma greca di origine, che fa assaggiare per la prima volta al giovane ragazzino “la marmellata d’alberi”.
I rumori del porto di Beirut, i sapori e gli odori della cucina libanese, il caldo abbraccio del popolo che “vive” la città: questo fumetto è un apoteosi dei sensi, in cui la vita si mischia all’arte, in cui si assiste alla “dolce vita” di un ragazzino cresciuto tra gli anni Sessanta e Settanta in un “Paese orientale” così particolare come il Libano e in una città-mondo come Beirut, in cui si parlava francese, si commerciava in arabo, si cantava in inglese, si pensava in russo e si navigava in greco. Un’educazione orientale è un gesto d’amore a un mondo, forse, perduto e a tutti gli affetti che danno senso e corpo alla nostra vita. Leggerlo è dolce come mangiare pane e marmellata.