Coconino Press ha portato in Italia Le leggende del sumo, opera magna di Baron Yoshimoto. Ed è un capolavoro.
Le leggende del sumo di Baron Yoshimoto è una di quelle opere che in Giappone vengono citate, più o meno, alla stregua di un classico della letteratura, di un evergreen da classifica musicale o da caposaldo dell’arte cinematografica. Ed ora, finalmente, grazie a Coconino, in un elegante cofanetto contenente due grandi volumi, ha portato in Italia quest’opera. Ho avuto la possibilità, dopo aver incontrato il suo mitologico autore a Lucca Comics (vero e proprio mattatore della fiera, con il suo look da cowboy senza macchia e i suoi balletti epici allo stand della casa editrice), di leggerlo e studiarlo per bene e posso dirvi, care lettrici e lettori di Dailybest, che sì, senza ombra di dubbio, questa raccolta di racconti è un capolavoro. I motivi sono svariati ma vorrei soffermarmi su tre, quelli che, almeno per me, sono i fondamentali.
La filosofia dello stile
Come sottolineato già nel mio pezzo dedicato a La belva dell’ombra, Baron Yoshimoto è uno di quegli autori che, almeno all’apparenza, non bada troppo ai fronzoli ma più alla sostanza, con uno stile sicuramente molto espressivo, ma senza, diciamo così, “svolazzi” di un autore particolarmente attaccato agli eccessi estetici. Eppure, e le pagine interne che qui vi propongo lo fanno emergere con chiarezza, man mano che ci si perde nelle storie qui raccolte, si capisce come questo rigore estetico sia soltanto apparente o, per meglio dire, è rigoroso e preciso ma lascia spazio, ampissimo spazio, a soluzioni “registiche” e artistiche da urlo. Chiaroscuri, inquadrature di tre quarti, personaggi descritti con un rapido guizzare degli occhi: Yoshimoto è attentissimo nel condire le sue artigliate vicende con tutto un repertorio di varia umanità indimenticabile, giocando tantissimo, per altro, con gli elementi meta. Ad esempio, ad un certo punto un personaggio nel notare come un altro figuro abbia uno “stile” molto diverso dal contesto in cui è calato, molto più simile ad un gag-manga piuttosto che alla serietà delle vicende, esclama “Ma tu non hai uno stile da gekiga!”. Ecco questo per dire la profondità e la filosofia di uno stile che parla allo spettatore/lettore anche senza bisogno di parole.
La dinamicità delle lotte
Non bisogna scordare, comunque, che Le leggende del judo, che vedono protagonista Yanagi Kankuro (di cui poi lo stesso Baron Yoshimoto diviene una sorta di “cosplay ante litteram”) sono un manga di stampo gekiga ma con fortissimi elementi di lotta. Infatti, come si intuisce dal titolo, le lotte sono fondamentali in questo racconto, segnatamente i combattimenti di judo. Ecco al di là della, evidentissima, filosofia di questa arte marziale, un’arte marziale che non sviluppa, tanto, la mera potenza quanto l’intelligenza nel saper sfruttare la forza altrui per nutrire e accrescere la propria, le vignette di lotta sono una gioia per gli occhi. Per essere degli anni Settanta, un periodo ancora abbastanza “arcaico”, in cui tanti combattimenti parevano essere più dei diorama che delle scene di azione, il dinamismo è sommo. Si segue passo passo ogni mossa e le pagine dedicate alle lotte sono meravigliose: gli occhi guizzano seguendo gli attacchi e le difese, le mosse e le contromosse, le risposte e le parate. Non si perde, diciamo così’, neppure un fotogramma del combattimento, proprio come se Kankuro fosse lì davanti ai nostri occhi a lottare per “sconfiggere il judo”.
I temi, gli argomenti, lo sfondo sociale
Dopo essermi soffermato sulla filosofia e sull’estetica del manga, vorrei ora in conclusione mettere un punto sui temi trattati. Come detto in precedenza, essendo questo de facto un gekiga, i temi trattati sono molto “pesanti”: dall’estrema indigenza in cui numerose fasce della popolazione giapponese si trovavano ancora negli anni Settanta, ad una corruzione dilagante, oltre che a una condizione della donna degradante e una gioventù “rubata” per molte bambine e bambini giapponesi. Partendo dal periodo Mejii e arrivando agli Settanta, Le leggende del judo sono un vero e proprio “compendio di storia del Paese”, con particolare attenzione per le tematiche sociali e quelli più di stampo politico ed economico. La descrizione delle baraccopoli di Tokyo, ad esempio, sono veramente una ferita aperta al modello di Nazione Perfetta che il Giappone ha, almeno dall’EXPO del 1964, voluto esportare dentro e fuori i propri confini. Baron Yoshimoto, con i suoi personaggi obliqui e asimmetrici rispetto alla società regolare, ci dice che “un altro Giappone” è possibile, nonostante le autorità, le forze dell’ordine, i politici e gli affaristi facciano di tutto per schiacciare ogni tipo di forma di protesta. Potrei dire che è l’intero sistema-Paese ad essere corrotto e l’unico modo per salvarsi è, come fa Kankuro, seguire dei precetti morali e fisici, come quelli che offre il judo. Insomma, questo manga della collana di Doku potrebbe diventare una costellazione di stelle fisse da seguire non solo per una grandissima lettura ma, perché no, anche per una condotta morale. Leggere per credere.