Con Le guerre di Lucas Laurent Hopman e Renaud Roche realizzano un’opera grandiosa sull’ideatore, regista e “primo fan” di Star Wars.
Il 4 maggio è lo Star Wars Day e non c’è lettura migliore di Le guerre di Lucas, il nuovo fumetto pubblicato da Bao Publishing a firma di Laurent Hopman e Renaud Roche. Come è facile intuire dal titolo l’argomento principale è proprio Guerre Stellari anche se, occorre ribadirlo fin dall’inizio, al centro di tutto e di tutti i ragionamenti c’è la figura di George Lucas che i due autori tratteggiano in un modo al tempo stesso fuori dalla retorica e dentro fino al collo al “mito pop”. Infatti, con grande grazia, si vede all’inizio della nostra storia un Lucas che passa, senza soluzione di continuità, tra l’essere un ragazzino solitario e taciturno che passa tutto il giorno, invece di studiare, a leggere fumetti e guardare i telefilm di supereroi alla televisione e un giovane uomo che non ha alcuna voglia di impegnarsi nella vita e che ha come unico obiettivo girare la sera a velocità elevata con la sua auto. Eppure, dopo aver superato un momento particolarmente drammatico della sua vita (non sarà il solo), Lucas riceve come una specie di epifania: scampa a un incidente mortale, infatti, e convintosi di avere “ricevuto in regalo una vita bonus” si mette d’impegno e decide di iscriversi all’università.
Qui, siamo nella prima metà degli anni Settanta, incontra persone che saranno fondamentali per la sua vita, come Steven Spielberg (che potremmo definire come il suo primo “vero” fan), Francis Ford Coppola (con cui inizierà a parlare di un progetto chiamato “Apocalypse Now”, vi dice niente?!) e tanti altri artisti e registi della cosiddetta New Hollywood. Da questo brodo di culture che è l’università americana di quel periodo, George Lucas inizia a farsi notare, soprattutto con i primi, sperimentali, corti. Grazie al passaparola e al buon successo studentesco delle sue opere viene messo sotto contratto da una major ma “il salto” devasta il nostro protagonista. Le guerre di Lucas, infatti, non si concentra soltanto sulla lavorazione del primo, mitico, Star Wars, ma anche su tutto quello che è venuto prima. Si ha davvero la sensazione di stare maneggiando una specie di “percorso dell’eroe moderno” in cui un artista, giustappunto Lucas, è costretto a battagliare con un sacco di ostacoli: sia di ordine creativo/artistico che proprio finanziario e di produzione.
Nelle pagine de Le guerre di Lucas ad un certo punto pare impossibile che Star Wars si faccia. Non soltanto perché i massimi dirigenti della major erano assolutamente contrari sulla messa in produzione, ma anche perché, appena partite le riprese nel deserto della Tunisia (le scene ambientate sull’iconico pianeta di Tatooine per intenderci) inizia, udite udite, uno dei più rovinosi temporali che la storia del Nord Africa ricordi (!), con la conseguenza che gran parte dei prop di scena e delle scenografie in generale vengono distrutte dalla furia della natura.
Eppure, nonostante “i robot pilotati da remoto” spesso prendano fuoco o esplodano (addirittura in una vignetta – per altro la mia preferita – si vede un R2-D2 fuori controllo che scivolando dalle dune, entra nell’inquadratura del Gesù di Nazareth di Franco Zeffirelli, che proprio in quei giorni della seconda metà degli anni Settanta stava girando anch’egli in Tunisia).
Questo libro, insomma, lo avete capito, è fantastico non soltanto per la marea di aneddoti sulla produzione o sul casting di Star Wars ma anche e soprattutto per una costruzione dal punto di vista della sceneggiatura che vi terrà incollati alle pagine. Si tratta infatti della storia di una mente geniale come quella di Lucas che assieme a sua moglie Marcia, sceneggiatrice di grido della Nuova Hollywood, ci hanno consegnato un buon pezzo di mitologia pop. Anzi, ci spingiamo oltre: se possiamo definire come cultura la pop culture è anche e soprattutto merito di Star Wars. Ah, a proposito: c’è anche un’inedita romance in questo libro, ma non voglio anticipare nulla! Leggetelo, valà.