La Grande Crociata di Theo Szczepanski presenta uno stile unico, inquietante e grottesco. Semplicemente meraviglioso.
La Grande Crociata di Theo Szczepanski, pubblicata in un’eccellente edizione da Neo., è uno di quei racconti a fumetti preziosissimi perché rappresentano un chiaro e evidente omaggio, e in un certo qual modo, tributo all’arte grafica occidentale con però tutto un immaginario weird, inquietante e macabro desunto, direttamente, dalla pop-culture anche di altri media, come, appunto, i film dell’horror o, perché no, i videogiochi. E non è un caso che abbia intitolato questo pezzo “un fumetto blasphemous” perché, almeno per il mio modo di vedere le cose, il riferimento, visuale ma anche un po’ d’ambientazione, allo splendido Blasphemous, videogioco metroidvania sviluppato da The Game Kitchen è evidente.
C’è lo stesso gusto per il gore, le scene eccessivamente violente e l’amore per la descrizione di un mondo, ovvero quello del 1212, l’anno domini della cosiddetta “Crociata dei Fanciulli” , come un’ambientazione tetra e letale, dove la Fede è sempre fanatismo e la vita ha meno valore di un tozzo di pane.
In questo setting si inserisce, giustappunto, la storia di Stefano, nome non scelto a caso ma desunto dalle, seppur fumose, fonti storiche. Pare infatti che proprio uno Stefano abbia saputo radunare, tra la Francia del Nord e la Germania centrale, un grande gruppo di fanciulle e fanciulli, forse anche di secondogeniti senza eredità paterna, insomma, si direbbe oggi, di outsiders animati soltanto dalla cieca volontà di liberare il Santo Sepolcro. Quello che mi ha più affascinato nella storia, ma anche nel disegno, di Szczepanski è il fatto di come l’autore brasiliano sia costantemente pronto a instillare il dubbio nelle sue lettrici e lettori: davvero Stefano è l’eletto dal Signore? Davvero il giovane rosso di capelli è l’incarnazione di un santo? Davvero egli è “dalla parte dei buoni”?
Oltre a questa doppiezza del personaggio principale, poi anche replicata nei secondari, c’è tutto il mondo in cui è immerso La Grande Crociata. Un mondo, come ricordato prima, oscuro e rosso come il sangue versato: ci sono demoni, ci sono figure inquietanti, forse messaggeri divini forse creature ctonie e ci sono gli uomini di Chiesa completamente sfatti e sfiniti dalle ripetute trasgressioni all’ordine. Tutto è corrotto in questa Europa misticheggiante e fortemente anti-razionale: Stefano, infatti, come una sorta di carrarmato passa sopra tutto e sopra tutti. E non che non abbia cedimenti, dubbie o ansie: assolutamente. Egli è eroso, proprio dall’interno, dal seme del dubbio: eppure va avanti, non tanto perché trova in sé o negli altri la fede, la costanza necessaria oppure una motivazione. No, tutto il contrario. Egli va avanti perché non può a fare meno di andare: un patto lo lega a questa missione, che sia divino o demoniaco non lo sappiamo. Neppure lui lo sa.
L’uso dei colori, allucinati, esagerati, carichissimi da parte di Szczepanski non fanno altro che accrescere questa sensazione di perdita, totale e tombale, di ogni possibile rimasuglio di speranza. Eppure, senza fede, senza legami, senza, appunto, speranza, Stefano va avanti, nella sua Crociata, per un Dio che non ha nome, se non quello di Dio. Una storia di grande fascina, raccontata sì in modo vago e misterioso, se non in certi frangenti misterico, ma che proprio da questa caratteristica trae il suo insondabile fascino. Anche la postfazione, una volta tanto nel mondo dei fumetti, è semplicemente perfetta. Un titolo che vi consiglio, per lasciare ogni speranza o voi che leggete.