Kabi Nagata ci conquista, ancora una volta, con la sua bruciante sincerità (e grazia nel metterla in arte) con Il mio povero pancreas – Eppure la mia vita è un po’ migliorata.
Se c’è una cosa che va riconosciuta a Kabi Nagata, e con Il mio povero pancreas – Eppure la mia vita è un po’ migliorata appena uscito per J-Pop lo conferma, è la capacità, più unica che rara, di essere in grado di mettere sotto forma di racconto a fumetti la propria vita, con una forza, una disperazione e una dolcezza unite assieme veramente impressionante. E anche per questo nuovo manga, che si concentra sulla gravissima dipendenza dall’alcol dell’autrice (per altro acuita durante il periodo pandemico), analizzando il suo percorso di cura, le numerose ricadute e quel senso di “inadeguatezza nei confronti della vita” che abbiamo imparato a conoscere ed anche, almeno da un certo punto di vista, ad apprezzare nelle sue opere precedente. La mangaka affina ancora di più il suo stile, anche dal punto di vista del disegno, con personaggi solo all’apparenza innocenti e fanciulleschi ma che attraverso espressioni sempre molto cariche e manifeste mettono in luce i propri pensieri con, di nuovo, bruciante sincerità.
Mi sono piaciute tantissimo le scene che ne Il mio povero pancreas – Eppure la mia vita è un po’ migliorata vengono dedicate ai genitori della protagonista e autrice, con quella carica di assoluta dolcezza e amore incondizionato che, sul serio, vi scalderà il cuore. Tuttavia, e questo a mio avviso è centrale per comprendere il valore assoluto dell’opera (che non è di mera testimonianza ma che, giustappunto, un racconto fatto e finito) e il filtro che l’autrice applica alle sue vicende e questo filtro si chiama arte. Fatti, situazioni, cose e persone vengono caricate e tradotte tramite quest’applicazione di filtro che invece di allontanare il lettore lo fa avvicinare in modo potente, anche e soprattutto dal punto di vista sentimentale a quanto accade. Kabi Nagata è diventata un’autrice di culto qualche anno fa e ancora oggi rimane un punto di riferimento per tante persone che, specie non in Giappone, la trovano una specie di “entry level” per il mondo dei manga. Il suo modo di raccontare, auto-ironico, estremamente sincero e foriero di dettagli (molti dei quali francamente imbarazzanti) non possono lasciare indifferenti. Nagata è oggi un nome luminoso, una persona non ancora risolta ma un’artista che amiamo seguire ancora e ancora. Nella speranza che possa, presto o tardi, risolversi.