Con una prosa molto particolare e un ritmo forsennato, Il cannibale di Tom Hofland, pubblicato da Carbonio, è una novità molto “speziata”.
Andando sul sito di Carbonio, la casa editrice che si è occupata della pubblicazione di Il cannibale di Tom Hofland una delle prime parole che si incontrano è grottesco. E, debbo dire, che per una volta gli uffici stampa e marketing ci hanno preso in pieno. Già perché questo romanzo, che per altro vi consiglio, anzi stra consiglio, è proprio una costruzione narrativa che fa del grottesco il suo tratto più caratteristico. Un grottesco, però, attenzione, che l’autore e podcaster olandese sa maneggiare con grande maestria, senza mai sbracare nella scelta facile o facilona, bensì perseguendo una narrativa molto più raffinata di quella che, giustappunto, il grottesco di cui sopra lasciava presagire.
Lute è il responsabile del reparto Vendite e Qualità dell’Aletta, un’azienda farmaceutica olandese i cui uffici, affacciati sugli splendidi boschi della Veluwe, ospitano schiere di dipendenti devoti e tutelati da ottimi contratti. Ma da un giorno all’altro la società viene rilevata da un investitore svizzero, e l’intero reparto viene dichiarato in esubero. Ora, per ottenere il massimo profitto dalla vendita, Lute è costretto a un compito gravoso: convincere decine di fidati colleghi a dimettersi. E così quando Lombard, un cacciatore di teste freelance incontrato per caso, gli offre i suoi servizi, Lute li accetta con sollievo. Ma non sa che Lombard prende la sua professione terribilmente sul serio. Giorno dopo giorno, mentre il cacciatore di teste si insedia nel suo ufficio in compagnia di un cowboy armato di fucile e un minaccioso cane nero, una serie di episodi inquietanti comincia a funestare i corridoi aziendali…
Qui sopra la trama ma che credo che sia più utile isolare un dato di questo romanzo, ovvero che non vi lascia tregua. Già perché praticamente a ogni pagina succede qualcosa, qualcuno fa qualcosa, qualcosa causa determinate reazioni a qualcuno e tutti questi elementi entrano e ritornano in gioco costantemente. Un libro, insomma, che in quanto lettori vi “stanerà”, non lasciandovi mai tranquilli a pensare “ecco, adesso il ritmo cala e qui c’è una descrizione o un momento più rilassato”. No, qui Hofland spinge sempre sul turbo, sia nel tratteggiare un’azienda, seppur piccola, che deve rispondere a quelle di turbocapitalismo, sia nelle verve letteraria. Ne viene fuori un libro-manuale, almeno a mio avviso, per una qualsivoglia scuola di scrittura, che si vorrebbe definire tale, ed anche per chi, come me, non ha voglia di perdere tempo con libri insipidi ma che vuole addentare qualcosa di saporito e speziato. E il Cannibale sa di peperoncino, cannella e una puntina di coriandolo.