Basta fare un giro in autobus e osservare chi ci sta intorno per vedere quanto siamo condizionati dai cellulari. I giganti del web sono talmente grandi e presenti nelle nostre vite che ormai le controllano. Sembra una frase forte, ma è vera, l’uomo ha delegato agli algoritmi la propria capacità di scelta, fornendo alle aziende i propri pensieri, i dati personali, gli interessi, i gusti musicali e una quantità incredibile di altre informazioni.
Franklin Foer, ex direttore del New Republic, ci racconta come si è arrivati a questo punto, ripercorrendo la storia di Google, Amazon, Facebook e Apple e demolendo letteralmente il castello di falsità che ci hanno raccontato, con il loro fascino costruito con sapienza ponendo al centro l’individuo e l’efficienza. In realtà, l’individuo è sì al centro, ma è spremuto e sfruttato per produrre dati, a loro volta utilizzati per indurre l’utente a cliccare e con i click – Facebook ce lo insegna – si possono muovere le idee e manipolare le menti.
Se non avete mai ragionato su come funzionino i motori di ricerca, i social network, lo shopping su Amazon o su come sia cresciuta Apple negli anni degli mp3, questo libro vi aprirà gli occhi. Se invece conoscete l’epopea di Internet perché l’avete vissuta e in fondo siete consapevoli dei dati che lasciate ogni volta che usate queste piattaforme (e ritenete lo scambio equo)… beh, questo libro vi metterà comunque un po’ in crisi.
Franklin smaschera Google, Amazon, Facebook, Apple e ce le mostra per quello che sono, colossi che hanno costruito la loro ricchezza e la loro potenza grazie alla loro capacità di aggirare il fisco e allo stesso tempo, grazie alla tecnologia, hanno costruito un’immagine positiva di sé come innovatori, facilitatori e semplificatori delle nostre vite.
Non c’è alcuna condanna alla tecnologia in sé, Franklin non è certo un luddista, ma è bravo a collegare i puntini e farci vedere i lati più oscuri dell’uso incontrollato dei dati: la distruzione della privacy per nutrire gli algoritmi finisce col delegare le scelte agli algoritmi e l’erosione della libertà di scelta va a vantaggio di società che non sono “buone”, ma anzi sono spregiudicate e attraverso dei trucchi riescono a tenere le proprie tasse bassissime, diventando sempre più ricche e potenti e stritolando interi settori produttivi.
Sono principalmente gli stati con le loro leggi che possono mettere un freno a questi colossi (e in tal senso il GDPR europeo è visto positivamente), ma la battaglia politica è tutt’altro che vinta anche perché l’attività di lobby di questi colossi è intensa e continua.
Bellissimo anche il racconto dei veri e propri furti di queste società, ricostruiti con perizia di particolari e tanti riferimenti alle fonti: Google ha violato le leggi sul copyright in maniera massiccia, scansionando intere biblioteche senza i permessi degli editori. Amazon ha imposto prezzi bassi agli stessi editori e li ha tenuti in scacco modificato i risultati delle ricerche per penalizzarli quando non accettavano i prezzi loro imposti. Apple ha appoggiato il download di mp3 pirata per vendere i suoi ipod ed entrare poi sul mercato discografico da salvatore quando questo era ormai al collasso. Facebook fa esperimenti con i profili degli utenti, a loro insaputa, per verificare la propria capacità di manipolazione delle menti.
Tra i settori analizzati da Foer molto spazio è dedicato al mondo dell’editoria. Franklin suggerisce una strada: mettere al centro il lettore e la bontà del contenuto per tornare a far pagare l’utente, puntando ad eliminare la dipendenza dalla pubblicità e quindi dalle pagine viste.
Franklin è un’ottimista e sicuramente ha ragione, ma rinunciare alla pubblicità e far pagare i contenuti è una strada difficilissima (e non è l’unica). Un libro consigliatissimo e direi fondamentale per tutti i lavoratori del web.
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