Giada Duino e Giulia Pex con I cavalli del Tennessee realizzano una storia intima e segreta, per questo universale.
I cavalli del Tennessee è un racconto intimo e privato, quasi segreto, per questo motivo potente e universale. Non saprei iniziare diversamente questo mio pezzo per una storia che, ve lo confesso, ho semplicemente adorato. Il graphic novel pubblicato da Edizioni BD realizzato da Giada Duino e Giulia Pex parla, sostanzialmente, di cambiamento. Cambiamento di orizzonte, di affetti, perché no di obiettivi nella propria vita ma anche cambiamento delle proprie paure, ansie e dubbi. Perché il fumetto di cui oggi vi sto parlando non usa mai e poi l’arma della retorica per sbatterci in faccia una morale o un’opinione: per citare una frase topica, fa esattamente come le meduse “si lascia andare alla corrente“.
Grazie a un disegno e un tratto quasi a pastello, le figure e i protagonisti di questo racconto si presentano ai nostri occhi come materici e tattili, quasi come se, attraverso le pagine, potessimo accarezzarli. Perché questa è una storia di abbracci, ora compiuti, ora non dati, ora non più voluti, in cui le ragazze e i ragazzi si rincorrono, si amano, smettono di volersi bene ma non riescono a dimenticarsi. Su tutto, come una sorta di deus ex machina, c’è la presenza degli animali. Certo i cani, disegnati semplicemente in modo meraviglioso, ma anche altre “presenze”: balene, orche, meduse, farfalle e pure le piante. I cavalli del Tennessee “respira” nella natura, perché, anche nelle situazioni più disperate “alla fine qualcosa di buono hanno da offrire anche queste lande desolate“.
I cavalli del Tennessee è un graphic novel che ho adorato perché mette in piedi un racconto piccolo, personale, al limite del privato eppure lo rende, immediatamente, “nostro”: queste pagine, costruite a livello scenico, registico e “filmico” in modo perfetto, parlano di noi, dei nostri sbagli, delle nostre relazioni finite male e delle paure e ansie che ci prendono la sera. Eppure c‘è anche spazio per i piccoli momenti di felicità quotidiana, prendere del tempo solo per noi per andare a un concerto, tornare a vedere un amico con cui non si parlava da tempo, fare le coccole a quel gatto randagio che ci segue quando torniamo a casa dal lavoro.
Forse mi sbaglio e forse ho solo pasticciato in questo pezzo, ma se ancora non vi ho convinto a leggere questa storia posso dirvi che per amare I cavalli del Tennessee basta “solo” la prima vignetta “Sono solo le 17”. Dentro c’è tutto, c’è il tramonto e c’è la nostra esistenza disordinata, i tempi morti e quelli vivi, gli interrogativi a cui dobbiamo, forse, rispondere ogni giorno e quel disperato desiderio di fiorire che, nonostante tutto, ci continua a fare innamorare. Anche solo di una rodine nel cielo o di una scritta su un muro sbrecciato che osserviamo, distratti, sopra un treno regionale.