Perché ci sono così poche protagoniste femminili nei libri per l’infanzia? È una bella domanda. È la stessa che si sono fatte Elena Favilli e Francesca Cavallo, fondatrici di Timbuktu Labs, il children media innovation lab nato nel 2012 in Italia ma cresciuto nella Silicon Valley e in California noto per la pluripremiata app in formato magazine iPad amata dai bambini – e dai genitori – di tutto il mondo.
Ma stiamo sulla domanda di partenza: la presenza di protagoniste femminile nei libri per l’infanzia, visto che l’ultimo successo di Timbuktu Labs è stato proprio il crowdfunding su Kickstarter di Good Night Stories for Rebel Girls – in italiano Storie della buonanotte per bambine ribelli – un volume con 100 fiabe della buonanotte costruite intorno alle biografie di 100 straordinarie donne del passato e del presente, illustrate da 100 artiste da tutto il mondo.
In poche ore: progetto finanziato con – al momento, a oggi ci sono ancora 26 giorni per supportare le “ragazze ribelli” – 47.397 $, a fronte di una richiesta di 40k. Oltre ogni più rosea aspettativa.
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Nel libro ci saranno fiabe della buonanotte ripensate tagliandole su storie di donne che sono riuscite a ottenere incredibili risultati, superando difficoltà e ostacoli: ci sono “pittrici, scienziate, danzatrici, cuoche, astronaute, cantanti jazz, faraone, scrittrici, leader politiche” una serie di ragazze ribelli “le cui azioni hanno cambiato il corso della storia“.
Noi abbiamo contattato Elena Favilli, CEO di Timbuktu Labs, per farci raccontare qualcosa di più su queste #RebelGirls, e sulle loro storie della buonanotte per bambine.
Da quanto tempo preparavate il progetto del libro sulle #RebelGirls?
È un progetto su cui lavoriamo da molti mesi, abbiamo iniziato a parlanre a ottobre dell’anno scorso: perché da tempo avevamo voglia di fare qualcosa pensato specificamente per le bambine, e pensato proprio per l’empowering delle bambine tra gli otto e i dieci anni. Ormai lavoriamo nel settore dei media per bambini da cinque anni e vediamo ogni giorno, dall’interno, quanto effettivamente manchino sia nei libri che nei giocattoli che nei film che nei cartoni animati, prodotti che mettano le ragazzine o le bambine come protagoniste della narrazione… ed è abbastanza sconcertante!
Sì, se n’era parlato anche di recente
Per dirti, c’è stata una ricerca recente, di cui scriveva il Washington Post, su tutti i libri che sono stati pubblicati dall’inizio del ‘900 al 2000, che raccontava del rapporto tra personaggi maschili e femminili. I maschili sono più del doppio di quelli femminili, anche quando i protagonisti sono animali! Gli animaletti femminili sono il 5, o il 7%. È un trend che è su tutto, noi per adesso ci siamo concentrati sui libri, ma sui film i dati sono ancora più forti.
Come mai proprio un libro per bambine?
È stata un’evoluzione anche naturale per la nostra società, del resto sia io che Francesca siamo impegnate sul tema da sempre, era qualcosa che avevamo dentro da sempre. L’altro motivo che poi ci ha dato un po’ il “la” definitivo è stato quando l’anno scorso a febbraio mi hanno chiesto di scrivere un editoriale per il Guardian, e raccontare la mia esperienza da female founder nella Silicon Valley. Mi chiedevano di parlare di quanto e se ci fosse ancora maschilismo presente nell’ambiente tech. Avevo fatto un breve editoriale in cui parlavo di questo, e con mia grande sorpresa iniziai a ricevere molti commenti pesanti, una minaccia di morte via Twitter. Giusto un paio di settimane poi proprio il Guardian ha pubblicato una ricerca sui loro 70milioni di commenti, e per la prima volta c’è la prova statistica che dei dieci scrittori e giornalisti che ricevano commenti, minacce, otto sono donne, e degli uomini uno è nero e uno è gay. È stato un elemento che mi ha dato una grossa spinta su questo progetto.
Avete raggiunto la cifra prefissata per il crowdfunding in pochissimi giorni: sapevate di toccare un nervo scoperto?
Sì, non ci ha sorpreso, il libro l’abbiamo progettato centimetro dopo centimetro! Vivendo il tema in prima persona poi sappiamo che è un tema caldissimo e che c’era bisogno di fare qualcosa che ne parlasse: quando unisci un prodotto che parla di un tema caldo, e dietro ci sono persone che lo confermano con la loro esperienza personale, allora diventa ancora più forte, ci sono tutti gli ingredienti perfetti per innescare quei meccanismi virali che abbiamo visto.
Sarebbe stato possibile fare Timbuktu Labs in Italia? E le storie ribelli?
Eh, non è stato possibile. Il condizionale lo possiamo togliere. Abbiamo provato a farlo partire in Italia, eravamo a Milano. Però no, non è stato possibile, e abbiamo fatto il salto venendo in California. Il nostro primo investirtore è stato Dave McClure, la società è nata quando già eravamo negli Stati Uniti.