Akira, capolavoro indiscusso di Katsuhiro Ōtomo, “compie” oggi 41 anni dal suo primo capitolo e non smetterò di amarlo.
Ricordo bene, molto bene, la prima volta che ho avuto a che fare con Akira di Katsuhiro Ōtomo. Si è trattato, come per forse moltissimi nel, cosiddetto, mondo occidentale, di un contatto diretto con la trasposizione animata, con il film che, all’incirca dieci anni fa, era stato riproposto al cinema in versione doppiata e restaurata. Va detto che dell’opera avevo giusto una infarinatura sommaria, sapevo che veniva considerato non soltanto un caposaldo, assoluto, del genere cyberpunk ma aveva anche la fama di “film d’animazione più caro di tutti i tempi”. Durante la visione, rimasi abbacinato e quando uscii dal cinema, per altro era una notte molto oscura e tempestosa, quasi da bufera, con tuoni, lampi e una pioggia fittissima, non smisi di pensare a quanto avevo visto.
https://www.youtube.com/watch?v=Cypmz-qoFE8
Solo dopo, dopo molti anni, mi sono avvicinato più nello specifico all’opera, diciamo così, primigenia, ovvero al manga che giusto un paio di anni fa Panini Planet Manga ha riproposto in una versione 1:1 rispetto a quello giapponese. Tuttavia, sia che si parli della versione animata sia che si tratti di quella manga, che giusto oggi “compie” 41 anni dalla pubblicazione del suo primo capitolo, l’opera di Ōtomo è qualcosa di assolutamente imperdibile. Sia perché è un capolavoro, senza se e senza ma, dal punto di vista tecnico, animazione o disegno non fa differenza, ma anche, se non proprio soprattutto, perché mette in scena una storia oscura e complessa, ancora più ramificata nella versione scritta, che mescola politica con ambientalismo, droghe sintetiche con corse in moto, tecnologia e ansia dell’atomica, distruzione e rinascita, pulsione di morte e volontà di (soprav)vivere. Insomma un’opera con la O maiuscola, nel vero e proprio senso della parola.
Se insomma amate la storia del cinema o del fumetto o semplicemente volete avere a che fare con uno dei titoli più incredibilmente visionari degli ultimi quarantuno anni Akira è la risposta giusta per voi. A me è già venuta voglia di rileggerlo.