Christian Ward con Batman: la città della follia ci consegna un ideale sequel spirituale di Arkham Asylum.
Probabilmente anche chi non si è mai approcciato a una storia di Batman conosce Batman Arkham Asylum ed è per questo che se vi dico che Batman: la città della follia di Christian Ward, appena pubblicato da Panini in una bellissima edizione, ne è il suo seguito spirituale e ideale, dovreste “drizzare” le vostre antenne. Già perché il fumetto realizzato da Ward è una storia del Pipistrello che è al tempo stesso un atto d’amore per la sua legacy e la tradizione di questo tipo di narrazione, ma dall’altro, e forse il lato più interessante, ne è anche una sua distorsione, o per meglio ancora dire una via personale e autorale che diventa iconica nel momento stesso in cui viene realizzata. La storia qui raccontata si pasce delle atmosfere dell’orrore cosmico di Lovecraft, con un’iconografia e un immaginario che ricordano da vicino i racconti dello scrittore statunitense ma, attenzione, questa ne è, diciamo così, soltanto la facciata più superficiale. Il lavoro di Ward scava più in profondità, come come noi lettori verremo trascinati dal racconto sempre più giù nella città di Gotham mai così gotico e allucinata come in questo caso. Dicevo che il tono estetico lovecraftiano è soltanto un aspetto superficiale perché è la sceneggiatura, la trama, ad esserla fino al midollo. Vediamo un Bruce Wayne quasi schiacciato dentro se stesso, che con fare testardo, contro tutto e tutti, anche i suoi stessi amici e sodali, attua questa vera e propria catabasi andando sempre più giù nelle viscere di Gotham, per salvare un ragazzo certo, per salvare la città in un certo qual modo, ovviamente, ma anche e soprattutto per “ritrovare” se stesso.
Il dialogo intimo tra Bruce, il Pipistrello e questa sorta di comunione spergiura, è il cuore pulsante di questa storia che vedrà il nostro protagonista addirittura stringere un’alleanza con la Corte dei Gufi, che definire suoi acerrimi rivali è dire poco, perché in città, giustappunto, c’è una minaccia ancora più grande, nata dalle tenebre della “Gotham di sotto” e pronta a ghermire anche quella di sopra. L’orrore cosmico comincia ad affiorare sempre più man mano che si va più in basso: i toni sono sempre scuri e il tocco gotico prorompe nello stile di Ward. Guglie, palazzi che si sviluppano in verticale, tenebre e artigli che circondano e ghermiscono i nostri protagonisti. Visivamente il fumetto è impattante a dire poco, specialmente quando si va a conoscere una specie di nemesi del pipistrello.
In questi momenti la regia, diciamo così, ha un che di cinematografico, e non si stupisce come per il Ward dodicenne una delle visioni fondanti e fondative della sua arte è il Batman di Tim Burton. Qui ci sono le stesse atmosfere, spinte ancora più in là grazie al già citato rimando di Arkham. Perché nella Gotham tutto è ancora più grottesco rispetto a quella di sopra, la paura diventa terrore, lo stress diventa follia, l’ansia diventa orrore cosmico che si tramuta nelle creature dell’incubo che popolano questa città-specchio. La narrazione è brillante e procede a ritmo spedito, presentandoci tantissimi personaggi del mondo di Batman, tra alleati appunto e anche tanti nemici, uno su tutti Harvey Dent/Two Face, qui tratteggiato con un gustosissimo rimando all’Art Brut di Jean-Michel Basquiat (e che Ward, giustamente, nello splendido apparato iconografico del volume, dice che “Potrebbe esistere solo a fumetti un personaggio così”).
Questi sono solo alcuni dei motivi per cui Batman: La Città della Follia oltre che essere un capolavoro, nel vero senso della parola, del fumetto contemporaneo e anche un’opera meraviglia, che non ha paura a citare da altre ma che trova una sua propria personalità e la nobilita con una scrittura efficace e uno stile unico nel suo genere. Una gemma assoluta.