Esiste il Museo dei Suoni in via d’estinzione e si trova comodamente online. Sono, per intenderci, tutti quei suoni che a causa della velocità con cui si sviluppa la ricerca tecnologica, o sono già spariti dalla circolazione o lo stanno per fare. Tutti i temi, le melodie, gli squilli, i ticchettii e i ronzii degli apparecchi elettronici (e non) ormai obsoleti.
È stato lanciato nel 2012 da Brendan Chilcutt, un collezionista di cultura pop in tutte le sue forme, anche le più effimere. È un modo per preservare i suoni resi famosi dalle apparecchiature tecnologiche che gli sono appartenute e che quindi fanno parte integrante del suo processo di crescita.
Il suono di un videoregistratore VHS, il rumore del tubo catodico di una vecchia tv, il suono della macchina da scrivere ma anche delle nostre tastiere qwerty, oppure il Game Boy, la stampante, la rotella dell’apparecchio telefonico e, chiaramente, il frrrzz tschhk tszzzz zstsf del modem 56k.
Un retroromanticismo che sa di ultima delle hipsterate nerd ma anche di qualcosa di necessario, per non lasciare che alcuni suoni della nostra memoria spariscano per sempre.
Space Invaders e Pac Man, gli avvisi di AOL o Messenger, il suono della lettura di un floppy e ancora, il Nokia ring, il glitch del cd danneggiato, il Tamagotchi e il mitico avvio di Windows 95, composto da Brian Eno usando (per colmo dell’ironia) un Mac.
Basta andare sul sito Savesounds.info e cliccare su una delle icone in bianco e nero, che si colorerà e riprodurrà l’amato suono in via d’estinzione. Un vero paradiso per i nerd attempati e per tutti quelli che vogliono riascoltare i suoni della loro infanzia, aspettando il momento in cui anche i suoni della chat di Facebook o di WhatsApp diventeranno preistoria.
Perché, che ci crediate o no, un giorno tutto questo sarà antiquariato, e quel giorno ci piacerà riascoltare il suono grazie al quale abbiamo incontrato l’amore, trovato lavoro o litigato a morte con chi non la pensava come noi.