Final Fantasy X mi ha insegnato l’educazione sentimentale. Per questo, vent’anni anni dopo, ti voglio bene Tidus&Co.
Vent’anni di Final Fantasy X (dalla sua uscita in Europa almeno) vuol dire non soltanto accettare il tempo che passa (e vabbè) ma anche riflettere su come, a distanza appunto di un decennio, questa “decima fantasia finale” sia, ancora oggi, un titolo super importante per il franchise e, perché no, per l’intera storia del medium videoludico. Qui bisogna fare un appunto: sono perfettamente conscio che Final Fantasy X non sia il migliore Final Fantasy, sia per motivi oggettivi (Spira è, in fondo, un grande corridoio, al netto di, ahinoi, pochissime aree) sia per motivi soggettivi (ad esempio l’VIII l’ho trovato estremamente più ambizioso e il IX più ispirato artisticamente. Sul VII e sul VI li considero la punta di diamante del franchise), eppure non è questa la cosa importante. Ciò che conta è che Final Fantasy X, uscito praticamente al lancio di PlayStation 2 è stato per un certo lasso di tempo il benchmark assoluto in termini di resa videoludica reale di un mondo irreale: le ragazze e i ragazzi del inizio secondo Millennio guardavano Yuna, Tidus o Auron e pensavano “Questi sono meglio del vero!”.
Tutto questo poteva essere possibile solo in quel lasso di tempo: similmente a quanto avvenuto con, l’eccezionale, teaser trailer dell’ottavo capitolo (di cui ho parlato qui) il decimo presentava una realizzazione grafica, proprio dal punto di vista tecnico, semplicemente spacca-mascelle. Le superficie d’acqua, la luce tropicale del sole, i volti e i capelli, le armi e gli abiti (che, addirittura, in sede di sviluppo avrebbero dovuto presentare un primitivo ragdoll quindi un sistema fisico!), le diverse magie e, ovviamente, l’ingresso degli Eoni erano il meglio del meglio che la computer grafica poteva offrire. All’epoca infatti PlayStation 2 era più potente della stragrande maggioranza dei pc disponibili in commercio: qualcosa di mai visto prima e di mai più avvenuto dopo, anche prendendo in considerazione l’accoppiata PlayStation 5 e XBox Series X.
Ma i motivi del fascino di Final Fantasy non terminano certamente qui. Grazie a un gustoso quanto innovativo impasto di tradizione e futuro, il mondo di gioco, Spira, immerso nei “placidi” mari di un ipotetico Tropico del Capricorno, erano fantastici da vedere e da vivere. E poi vogliamo parlare delle ost, curate da sua maestà Nobuo Uematsu? Non è un caso che To Zanarkand sia diventato, immediatamente, una delle sue canzoni più suonate, riconosciute e amate di tutti i tempi. Il misto di malinconia, di nostalgia per un passato che è in realtà il futuro del mondo non poteva veramente lasciare indifferente la giocatrice o il giocatore del 2001. E non lo fa neppure oggi!
https://www.youtube.com/watch?v=U4DszAEVtwQ&list=PL3B8BD43DD7C1674D&index=29
Poi, esattamente come i capitoli precedenti, Final Fantasy X è proprio disseminato di scene che diventano memorabili subito dopo averle viste la prima volta: la danza di Yuna dopo uno dei primi attacchi di Sin, l’ancestrale nemico del mondo, il bacio di Tidus sotto la pioggia, la prima evocazione di Anima (ho ancora i brividi ora!), la scalata del monte Gagazet, l’arrivo a Zanarkand. Ognuna di questa scena ha una sua precisa ost che la rende immortale. Questo, ahinoi, non sarà più replicato nella serie dei Final Fantasy, forse solo il quattordicesimo capitolo è riuscito a ridonare sensazioni molto simili, seppur nella diversa tra un gioco single player come Final Fantasy X e un MMORpg come il XIV.
Noi tutti abbiamo perso qualcosa di prezioso… Casa, sogni, amici… Ma ora Sin è morto finalmente! Spira è di nuovo nostra! Unendo le forze, avremo una nuova casa..e nuovi sogni. Il viaggio sarà duro, ma abbiamo tempo: insieme ricostruiremo Spira! La strada ci aspetta. Iniziamo a percorrerla da oggi. Un’ ultima cosa: i compagni persi… I sogni svaniti… Non dimentichiamoli mai.
Forse hanno ragione chi considera Final Fantasy X come l’ultimo “grande” Final Fantasy classico ma al di là di queste discussioni di lana caprina il mio invito è quello di, se non l’avete fatto, provarlo, avventurarvi nel mondo di Spira impersonando Tidus, apparentemente uno dei personaggi più improbabili e “fuori tempo” dei videogiochi: uno sportivo, una specie di “calciatore” platinato e, appunto all’apparenza, superficiale. Se entrerete in questo universo non lo lascerete più e vi ritroverete, proprio come me e come tanti come me, a sospirare, di tanto in tanto ripensando a quel bacio sotto la pioggia. Ecco perché, nel bene e nel male, una buona fetta della mia educazione sentimentale mi è stata fornita da un’evocatrice dagli occhi eterocromi.