Confessiamoci: dieci anni tutti quanti amavano alla follia i vampiri e tutto ciò che ruotava attorno a queste iconiche figure mitico/letterarie. Film, serie tv e libri non facevano altro che parlare di succhiasangue e/o affini e gli archivi delle Facoltà umanistiche letteralmente traboccavano di tesi e tesine su “l’importanza del vampiro nella letteratura occidentale da Bram Stoker a Twilight”. Poi, qualcosa è successo, e così come gli ardori giovanili, anche la passione per i vampiri si è spenta, sino quasi a sparire. Ma a rinverdire (e, soprattutto, a ridare piena dignità ai principi delle tenebre) ci pensa Vampyr, il nuovo gioco-bomba dello studio DontNod, quella fabbrica delle meraviglie Fabriqué en France, già autrice dell’interessantissimo Life is Strange.
Vampyr èun vero e proprio apprendistato da vampiro: giocheremo infatti nei panni di Jonathan Reid, eminente chirurgo ed ematologo della Gran Bretagna che, di ritorno dalle trincee della Grande Guerra, si ritrova nella Londra del 1919 sconvolta e dall’epidemia dell’influenza spagnola e, soprattutto, da una serie di misteriosi omicidi in cui le vittime hanno il corpo interamente prosciugato del loro sangue. Già i vampiri, proprio loro. Ma il bello è che noi li “combatteremo”, o per meglio dire indagheremo su questi artigliati fatti, dal di dentro, come una specie di Serpico della Belle Epoque: già perché Jonathan, come le primissime sequenze di gioco confermano, si risveglierà in un fossa comune, da una morte solo apparente, nei rinnovati panni di un vampiro. Prepariamoci perciò, in questa nostra indagine, ad affilare, oltre che l’ingegno, anche i canini.
A livello di genere anche se leggerete in molte recensioni la parola action-rpg (o, addirittura, “soul’s like” ma ormai tutti i giochi sono paragonabili a Dark Souls, forse solo The Sims o Fifa si salvano) siamo molto più vicini ad un’avventura grafica à la Detroit: Become Human che a qualcosa di più d’azione. Già perché il titolo di DontNod dà il meglio di sé proprio nella trama e nello sviluppo di essa, che ci permetterà di andare nel profondo della vicenda, grazie ad una caterva di npc (si calcola che le strade di Londra sono popolate da quasi quaranta personaggi che ci parleranno e risponderanno alle nostre domande) ed ad un sistema di causa-effetto che ci costringerà a ponderare ogni nostra singola gestione.
Infatti è proprio la scelta la parola chiave di questo Vampyr: noi potremo, coscienziosamente o meno, determinare il corso del nostro destino, scegliendo se applicare scrupolosamente il giuramento di Ippocrate e quindi non fare vittime sul campo (se non quando necessario) e curare tutti, senza succhiare sangue così da rimanere saldamente umani. Questo ci consentirà non solo di instaurare, com’è ovvio che sia, rapporti più amichevoli con i cittadini londinesi, ma anche di avanzare nella trama senza strappi, apprendendo dettagli e segreti dei personaggi parlandoci. Tuttavia, questa nostra scelta, sarà rischiosa: il nostro personaggio sarà debole, non potrà utilizzare le incredibili potenzialità del vampiro (tipo gli artigli à la Nosferatu che potremo tirare fuori o l’evocazione di incredibili lame di sangue che dilanieranno i corpi dei nostri nemici) sino ad non avere possibilità di recuperare energia bevendo il sangue altrui (dovremo, necessariamente, dotarci di medicine, molto costose e quasi sempre difficili da ottenere e craftare).
Sia che saremo uno stimabile chirurgo dal cuore d’oro, sia un indagatore dell’incubo dai canini sviluppati, Vampyr ci trascinerà all’interno della brumosa Londra di fine secolo grazie alla sua perfetta atmosfera, con dialoghi e situazioni credibili, un buon ritmo (inizio lento e poi un’accelerazione progr
essiva) sino al twistone finale (con tanto di spiega titanica) che abbiamo gradito. Ma le dolenti note per il videogioco francese sono altresì evidenti: sicuramente il comparto grafico non a livello di un gioco da Tripla A (ma forse non era neppure questo l’obiettivo) e, soprattutto, il combat-system e le animazioni d’attacco sono dure e legnose, ricordando molto di più un titolo da 2008-2009 piuttosto che uno contemporaneo. Qualche piccola carenza si è anche registrata a livello di consequenzialità dei dialoghi dato che, per fare un esempio, se noi parleremo con un dato personaggio prima dell’ordine pensato dagli ideatori del gioco, quando avremo un nuovo dialogo ci ritroveremo a “riscoprire” cose che in realtà già sappiamo.
Però, a conti fatti, le cose belle superano di gran lunga quelle brutte, specialmente se si parte dal presupposto, così come dichiarato all’inizio, che questa è un’avventura grafica dove ce se mena un poco. E se vi piacciono le atmosfere decadenti di Penny Dreadful (senza Eva Green ahinoi) o la ruvida fighezza di Peaky Blinders (senza il taglio di capelli di Cillian Murphy) questo gioco fa per voi. Per quanto ci riguarda scusateci: ora dobbiamo indossare bombetta e mantellina e andare a fare strage di ghoul nell’East End.