Ho passato più di un mese nell’Interregno di Elden Ring e la mia vita è cambiata. Da persona a senza luce.
Ormai è passato un mese da quando mi sono avventurato nell’Interregno di Elden Ring (qui la mia recensione) e le sensazioni, i ricordi e le emozioni provate sono tante. Mi rendo perfettamente conto che altri, dopo un mese di gioco alle spalle, avrebbero non soltanto finito l’avventura principale ma probabilmente avrebbero già concluso il gioco a più riprese. Ho scelto un approccio diverso, una strada totalmente differente: mi sono lasciato totalmente assorbire dal mondo magico e rutilante di Elden Ring, dai suoi dungeon nascosti fra le montagne e i suoi passaggi celati da strette gole. Ho esplorato tunnel sotterranei invasi da insetti giganteschi, combattuto draghi purulenti di malattia che sputavano pestilenza e morte, ho superato volte di pietra di palazzi immensi e mi sono nascosto nell’erba alta per celarmi alla vista di pattuglie di cavalieri e soldati armati fino ai denti. Ho parlato con personaggi misteriosi e enigmatici, guardato da vicino uno stregone consumato dal suo morbo e mi sono chiesto se quel popolano che mi voleva aiutare nascondesse o meno un segreto. Insomma ho vissuto, non solo ho giocato.
Questo titolo, infatti, come poche altre volte (Zelda BoT, Skyrim, Red Dead Redemption, Metal Gear Solid 3 e Gothic 2) mi ha dato la sensazione di essere stato gettato in un mondo palpitante vita e sussurrante morte. E dire che in Elden Ring non c’è praticamente nulla che assomigli al nostro di mondo: la fauna è gigantesca e sovrannaturale, le magie sono all’ordine del giorno e la mappa di gioco è punteggiata da luoghi di grazia, le fiammelle che illuminano e segnalano il cammino del senza luce. Eppure, in un perfetto gioco di specchi, proprio questa differenza, anzi opposizione con “il nostro mondo” mi ha fatto sentire in qualche misura fratello e sodale l’Interregno.
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— Mattia Eleuterio (@MattiaNesto) February 25, 2022
Gran parte del merito è dovuto alla direzione artistica da urlo che in un open-world spurio, ovvero intervallato con grande sapienza da mappe “chiuse” e circoscritte (spesso e volentieri che si sviluppano in verticale), ha fatto sì che ad ogni passo un senso di meraviglia mi cogliesse. E chi ha voglia di andare avanti nella trama dopo aver visto i dintorni di Sepolcride? Troppo desiderio di andare avanti, di superare quella collina, di raggiungere quel castello sull’orizzonte oppure di sfidare quell’immenso nemico nel bosco. Insomma un’avventura assolutamente tagliata per ogni tipo di giocatore: sei tu a scegliere cosa fare e quando farla.
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— Mattia Eleuterio (@MattiaNesto) March 8, 2022
Anche perché nonostante mi paia veramente di essere davanti al miglior “souls” dal punto di vista della narrativa, proprio per la sua intima concretezza (con anche virate “verso l’alto” à la Bloodborne) quello che mi ha fatto impazzire è che come mai prima d’ora l’esperienza di gioco sia modulabile a piacimento. Sei tornato a casa dall’ufficio e hai cenato ma hai ancora voglia di giocare? Nessun problema: accendi la console o il pc e puoi farti in serenità un’oretta di gioco ma non per farmare e basta, magari per finire quel dungeon che ti dava filo da torcere oppure per raggiungere quella chiesetta sulla sommità di un’altura. Magari ci riesci, magari no ma comunque ne sar valsa la pena.
Hai invece più tempo da dedicare, magari un’intero pomeriggio del fine settimana? Benissimo, Elden Ring, senza obbligarti a niente, ti offrirà una serie di contenuti praticamente infiniti. Su Reddit o nei principali forum o gruppi online non si contano più frasi come “sono a cento ore di gioco e non ho neppure sfiorato il livello finale”, “continuo a esplorare non mi fermo”, “Elden Ring crea dipendenza”. Sì, hanno tutti ragione. Come per gli altri souls anche l’Interregno si può approcciare come un’enorme arena in cui fare una boss-rush, per arrivare dritto per dritto allo scontro finale: l’obiettivo è chiaro fin da subito, quasi come se fossimo a Hyrule, perciò spetta a te scegliere. Puoi andare, come detto prima, direttamente al punto oppure continuare a fare cerchi concentrici, come gli anelli di un albero o quelli, dorati, della triqueta che, non a caso, è il simbolo stesso dell’anello ancestrale. Da quando ho iniziato a giocare Elden Ring sono profondamente cambiato come essere umano: da persona a senza luce e non avete idea di quanto abbia goduto in questa evoluzione. Cento di queste ore di Grazia.