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Season: A Letter to the Future. Caro amico ti scrivo

Season: A Letter to the Future stile e narrativa al servizio delle emozioni.

L’atmosfera di Season: A Letter to the Future

Prima di ogni cosa, per parlarvi in modo coerente di Season: A Letter to the Future bisogna togliere l’elefante dalla stanza. Sì, questo è un videogioco, a tutti gli effetti! So che questa affermazione potrebbe risultare se non sgradevole quantomeno bizzarra ma lasciate che vi spieghi: al netto della parte narrativa e immaginafica, diciamo così, di un titolo come questo siamo davanti a un videogioco fatto&finito che, al netto di un gameplay ovviamente semplice, offre a chi ne varcherà la soglia un “gioco” al cento per cento.

Superato questo punto, ora, è il momento di parlarvi strictu sensu del gioco. Abbiamo a che fare, infatti, con un viaggio toccante e emozionante, scritto in maniera molto acuta da Kevin Sullivan e Scavengers Studio che, nonostante i primi trailer potessero fare intuire ciò, non vanno mai a toccare in modo semplice, se non scontato, le corde della commozione dei videogiocatori. In Season: A Letter to the Future la narrativa fluisce in modo molto naturale, al netto della vicenda non-naturale: i protagonisti dei vari capitoli si muovono e agiscono in maniera coerente e anche il gameplay, per quanto limitato e ristretto al genere di appartenenza, un’avventura grafica, svolge la sua funzione in modo eccellente. Contrariamente a certi titoli, seppur pregevolissimi, come Life is Strange, giusto per citarne uno su tutti, qui tutte le volte che la storia potrebbe snodarsi in una via “semplice” prende sempre un’altra direzione. Nonostante si trattino argomenti legati alla crescita e consapevolezza di sé, uniti al senso di famiglia, all’abbandono dei propri cari e, perché no, all’ansia/senso del tempo che scorre, il videogioco non è mai contraddistinto da una narrativa scontata ma che, anzi, emoziona proprio per il “brivido” della scoperta.

I personaggi di Season: A Letter to the Future

Pur apprezzando la direzione artistica e l’estetica in generazione, dal punto di vista della realizzazione grafica e di certe scelte di stile ho qualcosa che non mi torna. Nonostante un titolo, come avrete capito, molto “bloccato” dal punto di vista del gameplay, il comparto grafico non spinge, almeno a mio avviso, il dovuto: ho provato Season: A Letter to the Future nella versione per PS5 e non mi sono mai bloccato, se non in qualche, ahimè, breve momento, a contemplare una resa grafica particolarmente ispirata o emozionate. Detto questo, stante anche quanto si legge dalla stampa interazionale, abbiamo a che fare con un titolo di sicuro valore, emotivo ma mai patetico e che riesce a farci provare immediata empatia per ogni personaggio. Ecco che, tutto considerato, il mio voto è un 7.7 deciso, un pelino più basso rispetto alla media delle review internazionali per alcuni inciampi che, sempre secondo il mio personale avviso, hanno se non proprio limitato quantomeno rallentato il pieno godimento di un ottimo videogioco.

 

Mattia Nesto

Fa che la morte mia, Signor, la sia comò 'l score de un fiume in t'el mar grando

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Mattia Nesto

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