Dopo cinque anni di sviluppo, Saturnalia è finalmente uscito: ed è un esperienza horror pazzesca.
Saturnalia è, almeno in parte, un piccolo miracolo che s’avvera ma un miracolo realizzato non tramite un intervento divino (o di qualche spirito ctonio) bensì grazie al lavoro e all’arte di Santa Ragione, un team italiano che ha realizzato un vero e proprio gioiello nell’ambito survival-horror. Ispirato al folklore sardo e alle classiche avventure di stampo horror dell’epoca PS1 (anche nello stile grafico) questo titolo disponibile su tutte le piattaforme ad esclusione di Nintendo Switch mi ha davvero al cuore. Fin dall’inizio, anzi, ancora prima, fin dall’incredibile menu di avvio quando, una voce misteriosa e davvero inquietante, dopo pochi secondi, si è messa a intonare un’oscura filastrocca ricolma di mostri, morte e notte. E proprio di questo è “fatto” Saturnalia, ovvero mostri, morte e notte oltre che una direzione artistica ispirata e riconoscibilissima.
Ambientato in un piccolissimo paesino della Sardegna nel 1989, noi vestiremo i panni di Anita, una giovane inviata della società mineraria incaricata, dopo un anno di lavoro, a verificare le, si direbbero oggi, “condizioni di fattibilità” per l’appunto apertura di una miniera in loco. Il gioco parte proprio quello che pare essere l’ultimo giorno di permanenza della ragazza in paese: lei si è ambientata lì e ha intessuto una relazione, piuttosto clandestina con Damiano, il sagrestano locale. Eppure, come potrete immaginare bene, nulla di “quell’ultimo giorno” andrà normalmente. Infatti, non appena calerà la notte, Anita si troverà proiettata in una e vera e propria sorta di incubo: le vie di Gravoi, di giorno solitarie e strette, di notte diventano antri infernali piene d’ombre che, letteralmente, da un momento all’altro potrebbero ghermire la povera malcapitata.
Non saremo soli in paese e attraverso l’esplorazione presto lo capiremo anche noi. Grazie a un sound-design molto acuto e, soprattutto, a una colonna sonora di primo ordine, con elementi derivati direttamente dall’elettronica sperimentale italiana anni Settanta, le ombre diventeranno sempre più solide intorno a noi. Il nostro compito sarà, giustappunto, rischiare l’oscurità intorno a noi, sia quella materiale, utilizzando i fiammiferi per dare fuoco ai falò preparati per la festa del paese che punteggiano le vie del borgo e anche quella figurata, andando via via a scoprire e investigare sul mistero delle “presenze d’ombre”. Il gioco presenta un facile menu in cui vengono raccolti tutti gli indizi e si può consultare con facilità in ogni momento della nostra avventura. Gestita in modo invece meno funzionale è la “bussola”, che, in teoria, dovrebbe darci la “direzione di marcia” a seconda della missione o dell’itinerario che vorremo prendere: non sempre funziona a dovere e il consiglio è quello, anche e soprattutto per il vostro “bene e sanità mentale”, di imparare al più presto la mappa delle vie cittadine.
Ho veramente molto apprezzato, in tal senso, la gestione delle fonti luminose che, davvero, rischiarono il buio intorno a noi come nella migliore tradizione del survival-horror. Ho provato il titolo su Xbox Series X in modalità prestazioni, senza motion blur attivato e alla difficoltà normale, quella consigliata dagli sviluppatori. Dal punto di vista tecnico il colpo d’occhio, seppur caratterizzato dallo stile low-poly della PS1, è buono e non ho ravvisato particolari bug se non per alcuni sfarfallii di troppo della telecamera nei vicoli più angusti del paese. Tuttavia se proprio dovessi indicare il fiore all’occhiello di questa produzione indicherei due cose. Ma prima il voto: un meritatissimo 8.
La prima, sicuramente, sarebbe la direzione artistica che tra un poster elettorale di Craxi e un fondale stile Silent-Hill dona un’atmosfera inaudita per questo videogioco. Ma poi, come seconda cosa, forse ancora più importante della prima, è il fatto che questo gioco non è una mera “esperienza di stile” ma una vera e propria avventura videoludica, con le sue asprezze e i suoi momenti di riflessione, con i suoi “muri” rappresentati da una porta che non si apre perché non si ha quella chiave ed altri in cui l’unica cosa che ti viene da fare è di scappare più veloce che puoi. Un gioco che, specie quando cala la notte la nebbia si alza, ti tiene in costante tensione con anche un pizzico di fascino in più grazie al folklore sardo: non si può chiedere di meglio per un horror, specie se italiano no?