Nella primavera del 2020 uscirà il remake di Final Fantasy 7 per PS4, ma più che un restaurino, sarà lo stesso gioco completamente reinventato, immaginato come se fosse stato creato oggi e non nel lontan(issim)o 1997. Cloud, Tifa e tutti i protagonisti ritorneranno per distruggere Sephiroth e la temibile Shinra, ma probabilmente le meccaniche di gioco saranno molto diverse. Ne stiamo parlando così, come se si conversasse con i compagni di gioco perché se avete aperto questo articolo, con questo titolo che non lascia adito a fraintendimenti, sarete di certo tra quegli 11 milioni di giocatori che l’hanno acquistato nel corso degli anni, rendendolo uno dei videogame più famosi in Giappone e in tutto il mondo.
Quando è uscito, il 17 novembre del 1997, Final Fantasy 7 era stato preceduto da 6 episodi, ma qui ci arrivate anche da soli. È stato però il primo della saga ad essere creato per la prima PlayStation ed è stato il primo a contenere elementi di computer grafica 3D, oltre a filmati degni dei film d’animazione. Questo significa che se gli episodi precedenti, usciti per Nintendo, erano totalmente in 2D, stavolta i personaggi si muovevano in un mondo aperto e lo esploravano in lungo e in largo, con sedicimila miliardi di combattimenti casuali per far livellare i personaggi che a una certa ci hanno regalato il primo esaurimento nervoso della nostra giovane vita.
Facciamo un passo indietro: nel 1997 non erano poi tantissimi quelli che conoscevano la sigla JRPG, cioè gioco di ruolo giapponese, ma FF7 è stato talmente ben pubblicizzato, aiutato da un passaparola che era il pre sponsorizzata di Facebook, da piacere anche a quelli che non avevano mai giocato a un JRPG prima di quel momento. La caratteristica principale di questo tipo di gioco è che i combattimenti si svolgono su turni in un’arena, in cui il giocatore dà i comandi a tutto il suo party su come comportarsi in attacco e difesa. Più strategia e riflessione, meno ansia, ma in realtà quello non è mica vero: quando alla fine di FF7 dobbiamo sconfiggere un milione di mostri senza poter salvare e una volta arrivati in fondo, il boss finale che quando sembra morto risorge sempre più potente, beh, ci abbiamo sudato tutti le 7 camicie, ma che soddisfazione quando ce l’abbiamo fatta per la prima volta!
Limitare FF7 alla sola meccanica di gioco sarebbe delittuoso, perché è una storia d’amore e di perdita, di ambientalismo e diritti, di liberazione dal male, quello non metafisico ma presente, reale, come solo un mondo post industriale può avere. È un gioco che contiene un sacco di altri giochi (e chi le scorda più le corse coi Chocobo?) e che, per essere completato al 100% ti prende 130 ore di vita. Tante vero? Spese benissimo.
I personaggi sono caratterizzati in modo talmente umano che a volte ti perdi a sognare l’amore o chi non c’è più e vorresti incontrare di nuovo, complici i filmati che ai tempi ci sembravano di qualità fantascientifica e che contribuiscono a farci vivere la meravigliosa illusione. D’altra parte, chi non si è commosso fino alle lacrime quando Aeris muore per mano di quel bastardo di Sephiroth? Certo, potrete dire che a riguardarli ora, qui filmati sembrano preistoria, ma in realtà li avete tatuati nel cuore. Che dire di quando avete finalmente fatto il doveroso culo a Sephiroth e vi godete il video finale in cui i nostri eroi salvano il pianeta dalla meteora? Non so voi, ma io a gioco finito cacciai un urlo che mia madre venne in camera per capire se ero diventato scemo o cosa.
Che dire della musica del grandissimo Nobuo Uematsu, in versione midi eppure talmente bella che se l’ascoltiamo oggi ci parte il pianto come i nostri nonni quando parlavano della guerra. Non ultimo, FF7 ha avuto l’enorme pregio di farci imparare l’inglese a forza, perché non era tradotto in italiano ed era pieno pienissimo di dialoghi, quindi o bere o affogare.
L’ultima scena, 500 anni dopo, con Red XIII e i suoi cuccioli che osservano le rovine di Midgar ricoperte di verde, che mostrano la guarigione del pianeta. wow. Ecco perché Final Fantasy 7 è una pietra miliare nel mondo dei videogiochi e nella nostra vita.
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