Death’s Door di Devolver Digital è un action dolce e crudele al tempo stesso.
Quando al quindicesimo tentativo consecutivo una certa belva feroce, abbarbicata nel suo folle regno tra le montagne innevate, proprio non ne sapeva di cadere, vi confesso, avevo voglia di mollare Death’s Door: troppo difficile, troppo ingiusto, troppo punitivo per chi, come me, si era più concentrato all’aspetto action piuttosto che su quello, all’acqua di rose, di sviluppo del personaggio. Eppure, fedele alla filosofia degli harrrrrrrdcore-gamers non mi sono lasciato sopraffare da questi pensieri tentativi. Ho tentato altre tre volte di battere “l’immonda” bestia e finalmente ce l’ho fatta. Ecco, in soldoni, così si potrebbe spiegare perché Death’s Door è stato per me tanto importante: un po’ perché, fin dalle battute iniziali, ho trovato ispirata e molto bella da vedere la sua direzione artistica ma non solo quello. Infatti il cuore, palpitante, di Death’s Door è il suo gameplay che, al netto di una semplicità di base (detto non in chiave negativa ma oggettiva) ricalca le orme di un antico detto: easy to learn, hard to master.
Nei panni di un corvo, adibito alla mansione di occuparsi delle anime dei trapassati, ci si troverà immersi in un mondo al tempo stesso colorato e dalle tinte fosche dove, anche dal punto di vista della narrativa, mai nulla è come sembra. Il nostro compito è chiaro, chiarissimo fin dall’inizio eppure l’incontro con un altro corvo, molto più anziano del protagonista, ci imporrà un brusco cambio di prospettiva: saremo infatti chiamati a raccogliere tre grandi anime di altrettanti tre “lord” (ogni riferimento a Dark Souls è…voluto, con anche un’iconica campana che si intravvede in un certo cimitero) per aprire la famigerato porta della morte, da cui, giustappunto, prende il titolo Death’s Door.
Fin qui la trama ma, come avevo detto prima, almeno per me, Death’s Door è, soprattutto, passatemi il modo di dire, “un gioco da giocare”. Infatti, basandosi su un sistema molto action di attacchi dalla breve e lunga distanza (con lo sblocco di quattro poteri fondamentali per il proseguo dell’avventura), il corvo che impersoneremo dovrà districarsi tra livelli tratteggiati con grandissimi cura. Grazie infatti a una visuale isometrica perfetta per il genere, avremo sempre modo, con una semplice occhiata, di comprendere quanti nemici avremo a schermo e, eventualmente, il modo migliore per affrontarli. Infatti se i riflessi sono fondamentali in Death’s Door, lo è anche la tattica: a più riprese, infatti, quando mi è capitato di dovere fare un po’ di backtracking per sbloccare una porta, ho affrontato le orde dei nemici in svariati modo, scoprendo sempre delle soluzioni alternative. Pur essendo, insomma, facile e in un certo senso il combat system, questo offre un sacco di approcci, ora più funzionali ora meno, ma comunque sempre leciti. Giocando e rigiocando si sarà portati a “masterare” certe sezioni dei livelli riuscendo, per così dire, a realizzare sorte di “micro-speedrun” veramente molto soddisfacenti: eliminare dieci nemici in un minuto e mezzo contro il quarto d’ora delle prime volte dona sempre ottime sensazioni!
Ma come ogni gioco action che si rispetti, oltre al roll, ci sono anche gli scontri con i boss di fine livello. Ecco, da questo punto di vista, Death’s Door non rinuncia a un briciolo della sua originalità, mettendo su schermo battaglie veramente epiche contro non solo nemici ottimamente caratterizzati, ma anche ricchi di moveset e approcci diversificati. A parte per la battaglia finale, che personalmente non ho gradito sia per il sistema di trial&error troppo meccanico e il design generale (un’accozzaglia degli scontri precedenti che, nonostante sia coerente a livello di lore, ho trovato poco stimolante da giocare), ogni combattimento contro i boss di fine livello ve lo ricorderete nei prossimi anni.
Disponibile su qualsiasi piattaforma, dal pc alla Playstation (dove l’ho giocato) passando per Xbox e Nintendo Switch, Death’s Door, insomma, è un giocone (giustamente finito nelle nomination come best indie game agli scorsi The Game of The Year) che, anche per il prezzo contenuto (sotto i venti euro) vi consiglio e straconsiglio. Probabilmente, come menzionato anche in precedenza, nelle battute finali inciampa un pochetto e certamente a livello di ispirazione artistica e originalità c’è di meglio. Eppure Death’s Door, per il suo combat-system semplice e complesso allo stesso tempo, mi ha conquistato il cuore. E i polpastrelli, ovviamente.