Hogwarts Legacy, al netto delle polemiche su Rowling, si dimostra un titolo esteticamente valido ma ludicamente meno interessante.
Lo stupore che si prova nelle prime ore di gioco di Hogwarts Legacy, soprattutto se si è fan della saga di Harry Potter (soprattutto di quella cinematografica), è qualcosa di raro. Peccato che poi, oltre che guardare e osservare, occorra giocare per quello che, a conti fatti, è un videogioco. Perdonate l’intro che sfiora il banalotto ma è imprescindibile: il titolo sviluppato nel corso di molti anni da Avalanche Software è un carnevale per le fibre degli appassionati ma a un ragionato giudizio non può superare il sette e mezzo in pagella, raggiungendo, a mio avviso, il 7.6 grazie a delle ost semplicemente eccezionali. Non volendo, tuttavia, nascondermi dietro a un dito, vorrei sottolineare come nonostante le grandi polemiche (ormai decennali) intorno alla figura e, soprattutto, alle posizioni politiche e sociali dell’autrice JK Rowling (qui un ottimo approfondimento sulla questione), Hogwars Legacy non pare essere, in alcuna misura, toccato da simili questioni/problemi. Stiamo infatti parlando di un “simulatore di Hogwarts” story-driven dove, inaspettatamente, oltre alla già impressionante componente estetica e artistica, il combat-system non è la parte più debole anzi.
Grazie a un combat-system tanto immediato quanto ragionato, infatti, avremo a disposizione tutta una serie di incantesimi, sia offensivi che difensivi, ma anche “situazionali” che funziona sempre molto bene. Non solo la mobilità sul campo di battaglia sarà inaspettatamente buona ma anche il feedback che proveremo nel lanciare, per esempio, un Flipendo sarà esattamente quello che abbiamo sempre immaginato. Detto quindi di questi pregi, con in più un eccellente doppiaggio in italiano (il titolo setta automaticamente la lingua dei dialoghi nel linguaggio impostato sulla console o sul pc di gioco) arriviamo alle dolenti noti che, ahinoi, sono abbastanza.
Nonostante nei vari dialoghi con gli ncp si hanno sempre due risposte possibili, sostanzialmente, una più dolce e gentile l’altra più burbera e ruvida, questa scelta non avrà alcuna conseguenza sul gioco. Non ci sarà un vero e proprio avanzamento né delle relazioni con i personaggi né un karma-system: il nostro pg, semplicemente, andrà avanti per i binari della storia pre-impostata. Ciò non è un difetto di per sé ma lo diviene nel momento nel quale il gioco mi dà la possibilità di scelta. Altra cosa realizzata in malo modo, e sempre legata al tema delle conseguenze, è il fatto che, come è noto, potremo lanciare magie oscure, come la famigerata Avada Kedavra. Ecco, nonostante quanto ci hanno “insegnato” prima i film poi i libri, non avremo alcun tipo di conseguenza nell’usare una maledizione non senza perdono. Questo fatto gravissimo unito a un’esplorazione di un mondo di gioco bellissimo da vedere ma che poi si rivela un po’ la copia di se stesso (e più ci allontaniamo dall’eccezionale Castello di Hogwarts più tutto si appiattisce) rendono Hogwarts Legacy un bellissimo catalogo IKEA, in cui è incredibile osservare le carte da parate e gli arazzi ma meno esplorare una caverna (visto che, il più delle volte, i dungeon sono costituiti da due sole “stanze).
L’impalcatura del titolo, come avrete compreso, è di vecchio stampo, con un open-world pieno zeppo di fetch quest che se hanno senso in un mondo così vasto, hanno molto senso per quanto concerne e le ricompense e i materiali che si possono trovare in giro. Ho davvero mal sopportato il fatto che, ad esempio, se si trova, in mezzo a una radura, un piccolo accampamento di avventurieri abbandonato in fretta e furia si possano pigliare un paio di monete d’oro e basta! Avete capito bene: magari uno esplora per mezz’ora un territorio, battendolo palmo a palmo e quello che ottiene e una bombetta floscia e tre monete bucate! Insomma la sensazione di avere davanti una bellissima scenografia mancante di qualsivoglia anima e magia rende Hogwarts Legacy un titolo di media fascia che se lo si vive non con gli occhi dell’amore dei fan, ri rivelerà un’avventura modesta, con un buon combat-system, una lussureggiante ambientazione e un sistema ruolistico di azioni e conseguenze gestito in modo davvero pigro. Anche a livello di trama non vi sono particolari picchi ma, anzi, qualche baratro, come un protagonista che, senza tante spiegazioni, “sbuca” fuori dal mondo solo per frequentare il quinto anno di Hogwarts: is it some kind of magic?