Final Fantasy 7 Rebirth è, esattamente, ciò che doveva essere: talmente bello da non parere vero. E invece.
Senza alcun tentennamento posso dirvi che Final Fantasy 7 Rebirth è un videogioco mastodontico, non solo, non tanto, nelle dimensioni quanto nella qualità profusa dal team di Square Enix per offrire alle giocatrici e ai giocatori di tutto il mondo un’esperienza memorabile. Se già la prima parte Remake aveva fatto gridare al miracolo (qui la mia recensione), questo secondo capitolo è qualcosa di fuori scala. Fuori scala già a partire dalle risorse stanziate e dall’ingente “manodopera” utilizzata per realizzare questo videogioco. Se infatti, come del resto avevo sottolineato in sede di recensione, Remake era, tutto sommato, un compito semplice, trattandosi di uno spicchio di avventura con un orizzonte di gioco abbastanza limitato, un orizzonte di città che per quanto grande e allargato quello era, il secondo capitolo aveva sulle sue spalle un compito molto più gravoso. Donare al giocatore l’esperienza dell’overworld e dell’avventura aperta che era, tra le altre cose, una delle caratteristiche più intriganti dei Final Fantasy di quegli anni.
In Rebirth questo senso di avventura aperta e titanica c’è praticamente sempre con, finalmente, un’esplorazione che contrariamente al capitolo precedente ed anche a Final Fantasy XVI, premia il giocatore curioso. Ci saranno materie bonus, oggetti extra e sfide opzionali che vi daranno filo da torcere, premiando però appunto la voglia di “masterare” la mappa di gioco. E qui arriviamo ad un altro “capitolo” fondamentale: il combat system. Era possibile fare meglio di Remake? Beh, evidentemente sì perché quell’assoluto gioiello del combat del primo è diventato qualcosa di incredibile nel secondo: con l’aggiunta, ad esempio, di azioni combinate tra compagni, la stratificazione è ulteriormente aumentata e in senso lato tutto è più fluido, più immediato e più responsivo, con il sistema delle materie che è sempre quel vertice pazzesco di gaming rpg.
Chiaro ed evidente, insomma, che a meno di improvvisi crolli, questo videogioco è destinato a fare la voce grossa nei prossimi The Game Awards, attestandosi su di una media voto superiore al 9 (che è anche quella che in sede di analisi più “critica” anche io sto cogitando di inserire…se vi interessa per il momento il mio voto è di 9.4). Al di là di qualche, piccolissima, oscillazione, anche gli ambienti e le texture sono curate con grande attenzione, a differenza del capitolo precedente e, a prescindere, poterlo giocare a 60 fps fa tutta la differenza del mondo. La storia, che si sta delineando come uguale ma differente rispetto al capitolo originale, per quanto mi riguarda non solo regge il confronto ma è congrua e attualizza bene temi, situazioni, anche dal punto di vista del ritmo. Insomma, se son rose fioriranno ma in questo momento Rebirth è un campo di tulipani tra aprile e maggio.