Megavideo e Megaupload sono stati chiusi ieri dall’FBI nel corso di un’operazione anti-pirateria, che ha portato all’arresto di quattro persone, tra cui il fondatore Kim Schmitz, arrestato ad Auckland, in Nuova Zelanda, su mandato della giustizia statunitense. L’accusa è quella di ospitare illegalmente file protetti da diritto d’autore, causando ai detentori del copyright danni enormi – calcolati finora in 500 milioni di dollari – e di guadagnare grazie a quei file attraverso la vendita di abbonamenti premium, che l’FBI stima in oltre 150 milioni. Tra i capi di accusa, anche il riciclaggio di denaro sporco.
Megaupload e Megavideo sono due facce della stessa medaglia: il primo è il più celebre cyberlocker esistente, ovvero un sito che mette a disposizione dello spazio online, in cui gli utenti possono caricare ciò che vogliono. Megavideo è invece il servizio che, attingendo all’archivio di Megaupload, permette la visione in streaming di tutti i filmati caricati sui server. In entrambi i casi, sarebbe illegale caricare file di cui non si possiedono i diritti, ma è un dato di fatto che, negli ultimi anni, questi due servizi sono diventati tra i principali strumenti per la fruizione online di film e prodotti televisivi, fino a far diventare Megaupload il tredicesimo sito con più traffico al mondo.
La tempistica dell’azione, non sembra casuale, arrivando a 24 ore dal cosiddetto sciopero di Internet contro il SOPA, la proposta di legge contro la pirateria. Come riporta l’Huffington Post, in un comunicato pubblicato sul sito prima del suo spegnimento, i responsabili hanno definito le accuse “gonfiate in modo grottesco”, sostenendo che gran parte del traffico dei servizi Mega è legato a file legali e dunque la misura sarebbe del tutto inappropriata.
Ovviamente la faccenda non finisce qui, anzi: a poche ore dalla chiusura di Megavideo e Megaupload, la rete di hacker Anonymous ha sferrato attacchi ai siti dell’FBI, della Recording Industry of America e della Universal. Da qualche ora, infine, su Twitter continua a girare la voce che Megaupload stia cercando di tornare online. Prima è stato segnalato l’indirizzo megavideo.bz, poi un semplice IP (http://109.236.83.66/): nessuno di questi, però, è al momento confermato come “nuovo Megavideo”. Una soluzione di questo tipo non sarebbe una novità: circa un anno fa alcune agenzie legate al dipartimento di Giustizia americano fecero chiudere il sito spagnolo Rojadirecta.org, che forniva link a eventi sportivi in streaming. Nel giro di poche ore riaprì come Rohadirecta.es, indirizzo perfettamente funzionante ancora oggi.
Resta da capire se quanto è accaduto rappresenta solo una battuta d’arresto che, come accaduto sempre in passato, verrà superata con piccoli cambiamenti da parte dei siti di file sharing o se invece si tratta di un colpo mortale allo streaming di contenuti, uno dei cambiamenti più grandi avvenuti negli ultimi anni in termini di fruizione audiovisiva. Un mutamento talmente importante da spingere anche le case di produzione e i network a ragionare in questi termini.
Al di là di tutto, però, un fatto rimane: con lo spegnimento dei siti è stato disattivato anche quello che, con ogni probabilità, è stato il più grande archivio audiovideo mai esistito.