Chained Echoes è un rpg vecchia scuola scheggiadenti: e va benissimo così.
Quando ho iniziato Chained Echoes non mi sarei mai aspettato di posare il controller, mezzo scarico, solo dopo quattro ore dopo. Questo piccolo, grande dettaglio vi può introdurre al meglio per la recensione di quello che, a conti fatti, è un videogioco di ruolo vecchia scuola “scheggiadenti”. Salutato da un’attesa fatta di oltre 80.000 utenti che l’hanno inserito nella loro wishlist su Steam, ho provato la versione per PlayStation e, debbo ammettere, di avere compreso quel magnifico verso di “Attenti al Lupo” di Lucio Dalla: ” Amore mio non devi stare in pena/Questa vita è una catena”. Realizzato dall’eroico sviluppatore Matthias Linda per Deck13 questo titolo è una specie di lettera d’amore di appartenenza, contraddistinto da un charachter-design semplicemente adorabile e da delle ost che, sin dalla prima volta che le sentirete, vi entreranno nel vostro cuore.
Caratterizzato da una grafica “stile SNES”, che per certi aspetti si può avvicinare a titoli contemporanei che, perdonate il gioco di parole, recuperano le eco del passato, Chained Echoes sfrutta un combat-system “rigidamente” costruito su turni dove però l’abilità del giocatore sta nel “galleggiare” in una specie di “onda verde” rappresentata da una barra sulla mappa superiore dello schermo. Diverse tipologie di attacco o di azioni, come ad esempio la scelta di saltare un turno mettendosi in difesa per parare quell’attacco, vi faranno mantenere sul posto, con plurimi vantaggi per il party composto da quattro protagonisti. Infatti, rimanendo in questa specie di zona franca, riceverete non solo un minor numero di danni ma ne infliggerete anche di maggiorati. Sfruttando questa feature, che è poi la “feature” del gioco, non ho mai sentito, troppo, la difficoltà degli scontri che, però, è bene dirlo, specialmente con i boss si dimostrano ardui e hardcore il punto giusto.
Se è vero come è vero che, specie negli scorsi dedicati alle grandi architetture, come per esempio castelli, costruzioni difensive o, ad esempio, ville di notevoli dimensioni, si comprende come, essendo stato realizzato, sostanzialmente, da una sola persona, il titolo “pecchi” un po’ di visione e senso estetico “nel grande”; tuttavia il mio invito, per assaporare meglio le bellezze del videogioco in questione, è di soffermarmi sul piccolo. Sulle piccole, in realtà grandi, animazioni che qualificano ogni personaggio, creatura o pg in gioco, sull’estetica delle armature e delle aeronavi (sì, ci sono le aeronavi che danno quelle vibrazioni à la Final Fantasy IX che non possono non essere non gradite da un player di lungo corso) e, soprattutto, su una storia semplice ed epica allo stesso tempo, che offrirà, nel prosieguo della trama, pure delle belle sorprese.
Chained Echoes si attesta su una lunghezza che va dalle 30 alle 40 ore, a seconda del tipo di approccio che si ha, e ha tutta una serie di miglioramenti sulla “quality of life” della classica esperienza gdr, come ad esempio l’eliminazione, o quasi, di incontri casuali per abbracciare scontri ben determinati, che rendono la progressione naturale ma non banale. Intendiamoci: non è un caso se la critica di mezzo mondo è impazzita per un videogioco, tutto sommato, “piccino” come questo. Oltre a emanare amore per il genere (e il gaming in toto) da ogni poro, Chained Echoes è perfetto sia per il combat-system sia per l’equilibrio della difficoltà e regala delle ost di una bellezza rara, che si attestano tra le migliori del 2022. Per tutta questa serie di ragioni, il videogioco qui recensito non può andare al di sotto di un otto pieno in pagella, che sale a un roboante e robustissimo 8.3 per le musiche di cui sopra.
Per riassumere: Chained Echoes è una grande, grandissima avventura in 16bit, che trae a piene mani dalla tradizione dei giochi di ruoli à la Final Fantasy e la innova con un combat-system dinamico e acuto, donando al giocatore grandi emozioni per delle ost incredibili. Avete voglia di innamorarvi anche voi?