Alle volte basta letteralmente una frase per farti innamorare di un’opera ancora prima di averne letto una singola riga, una determina vignetta. “Adoro il pezzo A Fleeting Dream di Final Fantasy X. Non ci ho mai giocato, quindi non so a che parte della storia corrisponda, ma mi ha ispirato l’immaginario dell’universo di Beyond the Clouds“. Ecco, è esattamente quel che è successo quando Nicke, la simpaticissima autrice di questo fumetto, è stata intervistata dalle ragazze e dai ragazzi di J-Pop, editori della storia.
La mangaka, che già all’epoca era un’autrice di culto in Francia e in Giappone, ha spiegato con disarmante sincerità sia le ispirazioni della sua opera che le varie tappe del lavoro necessarie per comporla, a partire dal concept fino alla costruzione dei personaggi. Ecco, adesso che finalmente il manga è uscito anche da noi ve lo posso dire: prendete l’orizzonte di FF (soprattutto del nono capitolo) e mischiatelo con Made in Abyss, in una versione leggermente più dolce e meno dolorosa. Ecco, avrete Beyond the Clouds, il risultato della somma tra gli immaginari di Final Fantasy e dello Studio Ghibli. Mica cotica, vero?
Beyond the Clouds è quello che si può definire un manga classico abilmente containato dal moderno. La storia inizia con un incipit talmente riconoscibile che basta scorgere per la prima volta Theo, il protagonista del racconto insieme a Mia, per sentirsi di nuovo a casa. Siamo infatti in un mondo steampunk in cui la tecnologia meccanica si fonde con un cosmo fatto di magia e creature fantastiche di cui però, ormai, nella città gialla, si è persa ogni traccia. La memoria di quest’altra “parte del mondo” è contenuta appunto nei libri, libri che Theo, sin dalla tenera età divora prima di andare a dormire. Poi la vita, il lavoro e gli affanni quotidiani, il sogno di Theo, fare “l’avventuriero”, pare essere tramontato da tempo.
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Quest’opera parla del piacere e della vitalità che si prova nel leggere, nell’avere a che fare con storie, nello scoprire nuove avventure. Se fossimo in un’aula di università potremmo benissimo definire il racconto “picaresco”, la narrazione non fa attendere il lettore. Bastano poche vignette, in cui Nicke fonda il set della storia, per entrare subito nel vivo. Proprio dal cielo, mentre Theo sta cercando rottami in discarica, “cade” una creatura misteriosa, metà ragazza e metà angelo. Mia, lo capiamo immediatamente, non fa parte “del mondo abituale”. Theo non si stupisce, da avido lettore conosce perfettamente questo tipo di creature, in fondo, anche nella stessa città gialla coesistono esseri umani con animali antropomorfi. Eppure individui come Mia, seppur conosciuti, erano praticamente considerati scomparsi. Mia ha un’ala rotta, il nostro protagonista, homo faber per eccellenza, si mette subito al lavoro per ripararla. La “tecnologia” che si fonde alla magia è un altro aspetto caratteristico di Final Fantasy.
Ma gli elementi à la Final Fatasy non finiscono qui, e l’ultimo è anche il più importante: l’avventura in viaggio. Per una serie più o meno sfortunata di eventi che non voglio rivelarvi i due dovranno ben presto mettersi in cammino. L’ambientazione cambierà di continuo e, neppure fossimo in Trials of Mana (guarda casa sempre di casa Square Enix), avremo anche a che fare con foreste e scenari misteriosi. Anche se non avete mai giocato a Final Fantasy, io mi sono innamorato di questo manga per le sue atmosfere fiabesche, i suoi personaggi deliziosi e il tratto, certamente zuccheroso ma anche poetico e leggiadro di Nicke.