FF 16 arriva a sfiorare il nove grazie a un character design sublime e a tanti ottimi spunti per la serie.
Al termine del mio coverage su FF 16, nonché arrivato alla fine dell’avventura principale dopo quasi 50 ore di gioco, il mio voto per il nuovo capitolo della serie è un, solidissimo, 8.9. Il videogioco del team Yoshida, infatti, arriva a sfiorare il nove grazie a una serie di innovazioni e implementazioni del quattordicesimo capitolo che hanno reso il XVI un grande gioco, al netto del nome che porta sulla confezione. Anche dal punto di visto del combat-system, come è stato rilevato qui, le cose buone e giuste fatte sono state tante e, senza ombra di dubbio, almeno a mio avviso, da qui non si potrà mai più tornare indietro, almeno per un capitolo stand-alone. Tuttavia, vorrei ora soffermarvi su uno degli aspetti che più mi hanno colpito, in positivo, del videgioco, ovvero il character design. Se è vero come è vero che ogni FF, anche i capitoli più sfortunati e meno riusciti, da questo punto di vista hanno brillato, il capitolo numero quattordici lo fa imbracciando una strada innovativa, diversa e alternativa (premiata da tanti videogiocatori, oltre tre milioni secondo le più recenti stime del periodo di lancio fornite da Square).
Se infatti i protagonisti principali, come è stato grandemente messo in luce durante la campagna marketing e di comunicazione, sono quasi sempre memorabili e caratterizzati in modo eccezionale, anche i comprimari, i personaggi secondari e, financo, gli npc sono realizzati con grande cura, attenzione e amore per il world-building. Senza volervi anticipare troppo in merito alla trama principale, fin dai primissimi minuti di gioco, ad esempio, si avrà modo di notare come a Valisthea, segnatamente nel ducato di Rosario, la magia è cosa abbastanza comune, specie se utilizzata attraverso i cristalli che incanalano l’etere oppure in modo diretto dia cosiddetti “Portatori”, individui che per n ragioni hanno “l’etere che gli scorre nel sangue” e che, in definitiva, usano la magia in modo naturale. Nonostante essi non siano propriamente “portati su un palma di mano dalla società”, ma anzi vivano in schiavitù e oppressi dal popolo e dai governanti, il modo in cui il team di Yoshida li racconta è ottimo: li si nota in ogni dove mentre utilizzano magie come Idro, Aereo o Fira (utilizzo qui i nomi “classici” degli incantesimi di Magia Nera per amore di tradizione) per piccole faccende domestiche, come innaffiare una pianta, far asciugare i panni più velocemente oppure aizzare il fuoco di una fucina.
Seppur questo sia un piccolo dettaglio occorre dire che il gioco ne è costellato, con un livello di attenzione anche per il micro che mi ha ricordato da vicino il lavoro realizzato, a suo tempo, per Dragon Age, aspetto del quale ho sentito la mancanza, ad esempio, in Cyberpunk 2077. La cura per il micro-dettaglio mi provoca una sensazione di immedesimazione maggiore nel mondo di gioco, che sento “vivo&vitale”. Ciò, unito al grande comparto narrativo, allo stile unico dei personaggi principali nonché a tutti gli aspetti positivi elencanti nel coverage, rendono FF16 un gran gioco, uno dei titoli che segneranno quest’anno e gli anni a venire, specie quelli della serie.