In Giappone poter tenere un animale in casa non è così scontato. In molti condomini è esplicitamente vietato, in altri casi gli appartamenti sono così piccoli che a malapena ci stanno gli umani. Per fronteggiare questo problema i nipponici, che in quanto a bizzarrie hanno molto da insegnarci, hanno creato i neko cafè, ovvero caffetterie che permettono ai clienti di poter trascorrere del tempo con i gatti (che in giapponese si chiamano neko, appunto). Una sorta di pet therapy, insomma, soprattutto nei grandi agglomerati urbani in cui la solitudine è molto forte. Poteva quindi mancare un luogo simile a Milano, la città più trendy d’Italia? Giammai, peccato che a Torino e Roma ci abbiano già pensato lo scorso anno, quindi almeno stavolta i meneghini non sono pionieri.
È venerdì 23 ottobre, il primo dei tre giorni di inaugurazione del Crazy Cat Cafè milanese. Arrivo in via Napo Torriani 5 dopo le 17 e una nutrita fila di felinofili, o forse solo semplici curiosi, aspetta all’ingresso. Durante l’attesa passa un tossico che vede il logo di divieto d’accesso per i cani sulla porta e a volume astronomico sentenzia: «i cani no e i gatti sì? Ma che cazzo di locale è?». E va via come se nulla fosse. Riflessione pregna di acume, non c’è che dire. Passano ben due ore prima che riesca a introdurmi all’interno. I clienti vengono fatti accomodare man mano che altri lasciano i tavoli e pagano il conto, ovviamente per non creare ressa e far impazzire i gatti. Colonizzo un tavolo e il cameriere, con estrema gentilezza, annuncia che non è più possibile ordinare caffetteria. Sono le 18.30 e per me questa è la fascia oraria in cui l’alcol è ospite gradito nel mio corpo. Posso scegliere solo tra uno Hugo analcolico e uno alcolico, secondo voi quale ordino?
Mentre attendo di umettarmi le fauci con il drink mi aggiro per il locale. I mici sono cuccioli e per questo si lasciano molestare senza reagire e staccarti un occhio. Certi adulti umani invece regrediscono drammaticamente, sembrano proprio dei rimbambiti. Ora, non dico che non ci si debba entusiasmare, è bello emozionarsi per qualcosa, soprattutto con gli animali, ma emettere gridolini e fare le vocine sceme sveglia il torturatore che dorme mansueto nei recessi della mia anima.
Ma tornando ai gatti, sono 6 e tutti trovatelli. Uno si chiama Bowie in onore del Duca Bianco e già gli voglio molto bene, mi siedo accanto a lui e gli massaggio la testolina per qualche minuto ma senza emettere gridolini da demente. Ce n’è un altro a cui manca un occhio, sta tutto il tempo raggomitolato in una cesta e dorme. Una signora si avvicina, lo sveglia e lo esorta a stare in posa per fotografarlo, come se capisse l’italiano con accento milanese. Certi umani andrebbero reclusi nelle gabbie dello zoo, santo cielo. Il Cat Cafè è a L, le pareti sono verde acqua, in alto i muri sono costeggiati da passerelle bianche su cui i gatti gironzolano e giocano. C’è un pianoforte d’epoca accanto a un tronco tiragraffi ma per il resto l’ambiente è povero di dettagli e francamente non mi sembra nulla di che, anzi, è un po’ freddo. D’altronde qui si viene per stare con i felini, per vederli giocare e rompergli le palle con la piumetta. E fare le vocine.
Arriva lo Hugo al tavolo che è così leggero che un’acqua tonica mi darebbe più alla testa, in compenso l’hummus che lo accompagna è molto buono. Ingollo il tutto, inseguo una squama di tartaruga che si infila in una delle buche nel muro e dichiaro chiuso il mio sopralluogo, anche perché non c’è molto altro da vedere o fare. Molti clienti stanno seduti composti ai tavoli un po’ a disagio dato che sono osservati da quelli che sono in fila fuori e che guardano attraverso le ampie vetrate. Alcuni mi paiono seriamente disinteressati al fattore felino. Esco con la sensazione che il Cat Cafè non sia niente di eccezionale, un luogo un po’ impersonale in cui ci sono dei gatti a zonzo e nulla più. Mi domando quanto possa essere sostenibile sul lungo termine una volta esaurito l’elemento novità. Resta comunque il fatto che se siete amanti dei felini, un salto per farvi un’idea in prima persona è obbligatorio.